domenica 30 giugno 2024

Zan zan!

Maracaibo, mare forza nove, andare sì ma dove, zan zan! Ed è proprio lo zan zan che fa da sigillo ai versi – puro suono senza alcun rimando semantico, come le raffiche sonore di Palazzeschi – a rimanere in testa, contribuendo a portare al successo la canzone di David Riondino nell'interpretazione prima di Lu Colombo e poi di Raffaella Carrà, quindi divenuta emblema di disimpegno nella versione di Jerry Calà in Vacanze di Natale.

Ma Zan, curiosa coincidenza, è anche il cognome del parlamentare presente su un carro del Gay Pride milanese insieme a Elly Schlein, e cioè Alessandro Zan firmatario dell'omonimo DDL. Entrambi ballano intonando l'esotica canzone, ballano come si balla al Barracuda, sì ma, continua il testo, balla nuda, zan zan.

Se lui è davvero in parte, in lei però la sensazione di un gesto artificioso, forzato: nonostante partecipi allo show accompagnando la voce con l'ancheggiare dei fianchi fasciati da pantaloni bianchi (anche la scelta cromatica contraddice lo spirito variopinto del Gay Pride), lo sguardo è quello di un testimone di Geova a un centro prelievi. Non si sta insomma divertendo, come sarebbe del tutto lecito in una giovane donna omosessuale, ma compie un gesto a tutti gli effetti politico.

Nel nuovo millennio fare politica corrisponde infatti ad avere un corpo sessuato in risonanza o conflitto con l'ambiente – pensiamo alla bandana di Berlusconi, alle canottiere di Bossi, alla Meloni che saltella sulle note della taranta salentina –, e così anche il segretario del principale partito politico di opposizione ha pensato bene di collocare il suo corpo in un qui e ora fortemente connotato sessualmente. E va benissimo. Però c'è anche una domanda che un politico dovrebbe sempre porsi, riassunta nella formula latina: cui prodest?

Che giovi a lei, come anticipato, e altamente dubitabile, ma forse anche il ritorno in termini di consenso... Se c'è una cosa – credo l'unica – con cui si può convenire con Vannacci, è che l'omosessualità (o più in generale una disposizione gender fluid) non sia condizione statisticamente diffusa. Ciò non si carica di alcun giudizio morale, come non è immorale ma semplicemente poco frequente pescare a mosca.

Ai tempi dell'uscita di Maracaibo, quegli anni Ottanta in cui era ancora in vigore un sistema elettorale con suddivisione dei seggi in proporzione ai voti, si creavano liste vagamente eccentriche: cacciatori, casalinghe, pensionati, giocatori di poker etc. A volte facevano sorridere, ma avevano il merito di dare rappresentanza ai diritti di minoranze altrimenti in ombra. Diritti che è giusto tutelare anche da parte di formazioni politiche che mirano all'egemonia, senza però coincidervi come si rischia nell'adesione incarnata a celebrazioni di gruppi ristretti, che tali resteranno.

È solamente buon senso, ossia strategia o, ancora più terra terra, tattica, non certo essere bigotti e di conseguenza discriminatori. Elly Schlein avrebbe potuto essere presente tra il pubblico del Gay Pride, così legittimandolo senza identificarsi pienamente in esso, come ha fatto salendo sul carro dei festevoli, almeno a dar credito all’etimologia di gay. Non tutti i potenziali elettori del PD pescano a mosca, intendo.

Mio fratello è figlio unico cantava Rino Gaetano nel 1976, mio fratello è figlio unico perché è convinto che esistono ancora gli sfruttati malpagati e frustrati. Nei decenni a separarci dalla sua canzone non sono diminuiti, semmai il contrario. Il corpo del Potere, anche a Sinistra, ha però smesso di dargli pubblica rappresentanza. Restiamo in attesa di un segretario del PD che canti questa canzone, non Maracaibo, sul carro dei telefonisti precari di Amazon. Quelli che poi ti sussurrano quasi con vergogna: "Per piacere, poi può lasciarmi una recensione favorevole..."

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