lunedì 17 giugno 2024

Noi

Il padre di Ilaria Salis, nelle numerose interviste che concede, si esprime il più delle volte con il pronome noi: "Noi ci stiamo ancora riflettendo... noi ringraziamo gli elettori... noi ci piace il gelato al pistacchio..."

Lo trovo interessante, forse è un segno, un segno non limitato al loro particolare rapporto – penso ai gruppi su WhatsApp delle madri di ragazzi in età scolare, o ai padri – padri di figli contrapposti in una partita a calcetto – che fanno a pugni sugli spalti. Nel nostro tempo sembra essersi tradotta in realtà la metafora biblica "questo è ora osso delle mie ossa e carne della mia carne", riferita da Adamo a Eva (Genesi 2.23).

Provo a pensare ai politici dei decenni scorsi: mi viene difficile associare lo stesso pronome di prima persona plurale al padre di Aldo Moro, o di Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Giulio Andreotti (e a dirla tutta, fatico a immaginare che Andreotti abbia mai avuto un padre, dalle cui mani ricevere lo stecco avvolto dalla nuvola di zucchero filato alle giostre. Me lo figuro emergere già formato dalla schiuma di un qualche mare, come Afrodite la splendente. Un'Afrodite venuta così così...).

Possiamo osservare il fenomeno anche attraverso lo specchio delle serie televisive: Eric, la serie più vista in questi giorni su Netflix, mette in scena la disperata ricerca di un padre del proprio figlio scomparso, che alla fine (attenzione: spoiler) riesce a riportare a casa come fa il padre di Ilaria Salis, ricomponendo il cerchio del noi.

Può darsi che le cose siano andate come dovevano andare: archiviati definitivamente i pugni in tasca di Bellocchio, o i giovani che, alla maniera di Jack London e Joseph Conrad, si imbarcavano da mozzi sulla prima nave senza informarsi della destinazione, a ogni estinta utopia collettiva o, per opposto, di affermazione individuale, sopravvive una versione mediana: la famiglia, appunto. Bisogna dire che qualcuno ancora prende il mare con uno zainetto sulle spalle e una fotografia nel portafogli, ma in barconi sgangherati salpati dalla Libia. Ecco, a quelle latitudini, probabilmente, si utilizza ancora il pronome io.

È forse questa la ragione per cui cerchiamo di respingere i migranti con tutti i mezzi: la singolarità di esistenze vissute in nome proprio minaccia il presepe familiare in cui è bello addormentarsi. Qualsiasi marachella tu possa combinare, c’è sempre un padre che ti viene a prendere in Volvo. Ma poi non si leva più dai coglioni, come fa invece John Wayne nella memorabile sequenza finale di Sentieri selvaggi, dopo essere andato a liberare la nipote rapita dai Comanche.

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