venerdì 21 giugno 2024

Convergenze parallele

 

E se la migliore definizione di social l'avesse data un politico? Un politico morto quando il termine social ancora non evocava il computo dei like, come gli scalpi impugnati dai guerrieri Apache al rientro dalla battaglia: tanti scalpi, tanto onore. Piuttosto, social, era il sociale pronunciato alla maniera di Alberto Sordi, un filo invisibile che tiene legate le perline a comporre la collana. Rotto il filo, le perline cascano al suolo e non le ritrovi più; ne manca sempre una, lo stesso di quando provi a ricordarti i nomi dei sette nani.

Chi era già nato conserva memoria di quel giorno di lutto, cosa stava facendo quando l'ha saputo (io ero a dottrina per prepararmi a ricevere lo Spirito Santo e, al termine, ingozzarmi con gli spumoni di suor Tecla), in anni in cui tenevano banco Topo Gigio e il Mago Zurlì con la sua mantellina che si presumeva azzurra – nel 1978, il massimo della virtualità a cui potevamo accedere.

Sto parlando naturalmente di Aldo Moro. Si era inventato un ossimoro divenuto popolare, sintomatico di un certo lambiccato modo di intendere la politica, per questo satireggiato dai commentatori più irreverenti. Eppure era di un’esattezza assoluta, restituendo, tramite l’accostamento di due termini antitetici, la sua complessa strategia nei confronti della Sinistra, in particolare verso il Partito Comunista di Enrico Berlinguer: convergenze parallele chiamava il lento procedere della DC per aperture e ferme contrapposizioni, carota e bastone.

Ecco, anche io talvolta ho la sensazione di convergere con qualcuno conosciuto sui social. Se sono presenti nell'albo, scorro le fotografie in cui quella persona è ritratta; ma capita di non trovare nulla e allora tocca immaginare, desumo le fattezze fisiche da come viene disposta la punteggiatura: a una scrittura paratattica faccio corrispondere un aspetto snello e sportivo, o al contrario tenderà ad accumulare chili al moltiplicarsi delle subordinate. Provo persino dei sentimenti, oltre ad antipatie e simpatie di pelle.

Eppure queste convergenze rimangono parallele, le vite si sfiorano senza incontrarsi mai, gli odori vengono vagheggiati per analogia (quando su Facebook mi piace una donna, l'associo al profumo polveroso dell'iris fiorentino; o se, come è sempre più frequente, ha meno anni di me, avverto anche una punta di melone e gelsomino) e le puzzette non esistono. Quelle che rilasciano i corpi degli amanti sotto il piumone dopo aver fatto l'amore.

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