domenica 10 dicembre 2023

Psiche e merda


Da qualche anno ho sviluppato la convinzione che l'attività professionale più sgangherata e tronfia sia il counseling psicologico. Ma in generale e pur riconoscendo alla psicologia clinica una maggiore dignità, per qualche ragione mi suscita anch'essa diffidenza, estendendosi alle psicologhe che ne rappresentano per numero e passione il verbo, con buona pace di Paolo Crepet e dei suoi cache-col di seta a stampa floreale.

Mi vergogno un po' non solo a dirlo ma anche a pensarlo – c'è certamente del sessismo in questa affermazione –, ma più faccio autodafé e più si fortifica il mio pregiudizio. E poi non è vero che contiene un'ipoteca negativa verso le donne, per altre categorie funziona esattamente all'opposto: di norma ho più fiducia in un medico di sesso diverso dal mio, oppure in un'avvocatessa, tremando al solo pensiero di trovarmela contro in una controversia giudiziaria. Per non parlare della poesia, in cui prediligo le voci femminili.

Naturalmente sono valutazioni relative, frutto di una statistica del tutto soggettiva e balzana; diciamo otto casi su dieci, facciamo otto e mezzo, come il film. Ma tornando alle psicologhe, quelle otto e mezzo che mi stanno sul gozzo sembra riescano a coniugare tre fondamentali caratteristiche del nostro tempo, due delle quali parrebbero escludersi a vicenda: superficialità, dietrologia (dietro ogni semplice gesto si cela un complotto psichico, e se le contraddici non fai che confermare la congiura), il tutto espresso per mezzo di un lessico saccente e parascientifico, con le memorie dolorose che si convertono in vissuti emotivi disfunzionali, tenere botta in resilienza acting out 
in luogo di mandare qualcuno a fare in culo.

Attraverso tali strategie viene aggirata la scabrosità delle vite concrete, le quali trovano ordinata collocazione in un abbecedario semplificato. Il tema mi sembra così diventare antropologico: non sono le psicologhe a fare male il loro lavoro, ma la domanda di senso che proviene dalla società – e parlo naturalmente di quella sua porzione egemone che per comodità chiamiamo Occidente – a reclamare delle scorciatoie, amplificando o viceversa trascurando importanti aspetti del vivere assieme.

Se ad esempio la tua fidanzata ti lascia, pensiamo a Filippo Turretta, quello sì che è un problema, e che problema! Bisogna andare subito da una psicologa. Mentre se un tornitore con tre figli viene messo in cassa integrazione: non pervenuto, la psicologia non ha tempo di occuparsi di questi inciampi, dovevi laurearti anche tu, fare l'Erasmus in Germania, il master negli Stati Uniti e quindi aprire uno studio di counseling, invece di giocare col tornio. Anche perché il cassaintegrato con quali soldi potrebbe pagare la seduta, dalla parcella di norma cospicua?

No no, meglio perderli che trovarli pazienti così, diciamo pure poveri. Concentriamoci piuttosto sui moderni giovani Werther con le loro pene d'amore, le questioni gender e queer, l'ingozzo o il digiuno a un banchetto dove non fanno mai difetto le portate, padri che invece di picchiare il pugno sul tavolo corteggiamo le compagne di scuola dei figli. Questi sono i nostri problemi, questo è l'Occidente percepito, come la temperatura percepita in estate, per definizione diversa da quella reale.

Hanno dunque ragione le psicologhe nell'essere come sono, massì, diciamolo senza eufemistici slalom: un po' cretine. Ma in realtà non lo sono, lo fanno, come si dice a fin di bene. Sono infatti il nostro specchio di Grimilde, a sussurrarci che siamo sempre i più belli del reame, nonostante ci sembra di possedere un pene minuscolo a fronte di un’enorme canappia, almeno se confrontata al grazioso nasino di Di Caprio.

Non dica sciocchezze, il suo naso è perfettamente nella norma. E per quell'altro coso, in effetti è un po' piccino, ma le misure non sono importanti, non per noi donne almeno. Guardi le statue greche, non YouPorn. E adesso suvvia smetta di piangere! (Rumore di fazzolettini Kleenex, naso soffiato, lunga pausa). Tutto ok, meglio adesso...? Sì sì, grazie. Bene. Fanno ottanta euro. Ci vediamo giovedì prossimo, magari venga dieci minuti prima che poi devo andare dal parrucchiere.

Detto in altre parole, quelle della teoria psicoanalitica del transfert con cui imbrattiamo l'immagine dell'altro, fino a confonderlo con i ritratti ingialliti dei nostri antenati, ma le parole anche di una vecchia canzone di Giorgio Gaber, se quando incroci una psicologa avverti un sottile ma insistente tanfo di merda, non basta il profumo Hermes a coprirlo, facile che sia tu, non lei, a esserti cagato addosso.

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