sabato 16 dicembre 2023

Ndo cojo cojo, o su share e gradimento al tempo dei social

Negli anni Settanta esisteva una trasmissione radiofonica intitolata Alto gradimento. Ideata e condotta da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, con la sulfurea partecipazione di Mario Marenco e Giorgio Bracardi, alternava brani musicali a gag umoristiche, il tutto trasmesso all'ora di pranzo dal secondo canale della Rai.

Il gradimento, nel caso di mio padre, era effettivo e talmente intenso che aveva iniziato a registrare le puntate. Il guaio è che non esistevano ancora i radioregistratori, e così, quando iniziava la diretta, metteva un piccolo registratore da ufficio di fronte alla radio a transistor presente in cucina. Si mangiava in silenzio per godersi senza distrazioni il programma, ma soprattutto per non interferire nella registrazione.

Riascoltando in seguito i nastri, di tanto in tanto si udiva il suono delle posate a contatto con piatti, una sirena lontana o la voce della mamma che chiedeva se volevamo ancora un po' di pastasciutta, subito fulminata dallo sguardo di papà: Aristea, le diceva senza dire, sto registrando!

Io alcune battute le capivo e altre no – mi piaceva molto Bracardi nel fare la parodia di un fascista della prima ora, meno la comicità di Marenco che era più astratta e surreale, solo adesso ne comprendo il genio – ma venivo assorbito dal clima di concentrata ritualità di fronte all'apparecchio radiofonico, fino a coincidervi in una condizione di presenza che ha qualcosa in comune con la pratica zen.

Non so se altre famiglie celebrassero il medesimo culto laico, allora non erano presenti sistemi per il monitoraggio dello share, e si parlava appunto di gradimento, che è il piacere singolare nel vivere un'esperienza. La diffusione, che è appunto lo share, poteva solo essere ipotizzata, ad esempio dalle conversazioni al bar: "Li peguri li peguri" sentivi dire a qualcuno mentre il barista gli versava un goccio di Sambuca nel caffè, e da ciò capivi che anche lui seguiva Alto gradimento, replicandone un tormentone.

Ma adesso, ha ancora senso parlare di gradimento? I like sui social, mettiamo: sono share oppure gradimento?

Stento a immaginare la trascrizione di un post di Chiara Ferragni o di Calenda, con centinaia di pollicioni in calce, da rileggere la sera prima di addormentarsi. Ho piuttosto l'impressione che si tratti anche in questo caso di share: ognuno batte il suo tamburo, come cantava Lou Reed, per ampliare orizzontalmente la finestra da cui sporgersi sul mondo, chi se ne frega se sia davvero piaciuta la foto del gatto che gioca con un gomitolo di lana, domani ci inventeremo qualcosa di nuovo per fare cassa. Importante è che gli altri posino una pietra d'inciampo, qui ha vissuto una creatura di segni e simboli protesi. 

In altre parole, non è più in gioco la bellezza, che comunque presuppone la certezza di una forma, anche brutta, ma la forma stessa e la sua ipotetica sostanza, talmente incerta da richiedere continue verifiche, collaudi numerici. E ciò vale a tutti i livelli: se in tanti dicono che la terra è piatta o nei vaccini inseriscono dei microchip per controllare se hai l'amante, il dubbio viene... Poco importa che astronomi e scienziati dicano il contrario. Gli scienziati fanno pochi like.

Gli eroi del nostro tempo diventano così tutti quelli che inviano, in genere senza una selezione ragionata, ndo cojo cojo come per i volantini dell’Unieuro, la richiesta più volgare: "Tal dei Tali ti chiede di mettere mi piace alla sua pagina Facebook". Ma perché dovrei dire che mi piace una cosa che neppure conosco? Che avventatezza questo Tal dei Tali, che coraggio!

E invece ha ragione lui. Il termine giusto non è infatti piacere, andrebbe corretta la domanda, non è neppure gradimento, ma qualcos'altro che ora comincio a intuire. Tal dei Tali sta mendicando il tuo (infinitamente replicabile) gettone di share – e daglielo, che così non rompe più i coglioni. Avere un ampio share non equivale a essere più amabili, ma più visibili. In pratica, Tal dei Tali, ti chiede di obliterarne l'esistenza, vengo "likato" dunque sono.

Perciò d'ora in avanti comincerò a elargire i miei like a tutti gli accattoni di consenso, all'inizio farò un po' fatica ma se lo meritano. Che mi costa, in fondo? Neppure sono tenuto a guardare di che si tratta. Così avrò tutto il tempo di riascoltarmi i nastri con le vecchie puntate di Alto gradimento, li ho ritrovati in soffitta accanto al Subbuteo e a un paio di sci Spalding impolverati.

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