venerdì 10 maggio 2019

Gli alberi e le persone, o sulla cultura come monopolio politico

Casa Pound sembra ancora essere il tema del giorno. Che sia un movimento neofascista è fuori dubbio, e ciò per diretta e orgogliosa rivendicazione. Ma per comprenderne l'essenza andrebbe forse scomposto proprio quel termine, neo-fascismo, nelle sue formazioni nominali, cercando ad esempio di capire a cosa allude il prefisso neo.
In questo aiuta l'altro riferimento linguistico al poeta americano Ezra Pound. Più che dal vecchio fascismo in orbace, trovo infatti che i casapoundini siano ispirati dalla critica all'economia liberale svolta a suo tempo da Pound, in una prospettiva non internazionalista (come avvenuto a sinistra) e piuttosto marcatamente identitaria, perciò votata al culto della sovranità nazionale. Aggiungiamo un po' di vitalismo testosteronico sempre pronto alla scazzottata, che a destra non manca mai ma non è in effetti un'esclusiva di quella cultura  penso ad esempio a Hemingway, o a Curzio Malaparte  e otteniamo un' approssimazione più realistica. 
Semplificando: i corpi, come le piante, sono espressione dei luoghi. Così se sei stato generato dagli stessi luoghi da cui anche io provengo, e prima ancora la mia famiglia, sono generazioni che la terra ci informa e produce, sei parte di me, frutti del medesimo albero. Ma se al contrario ti percepisco come pianta esotica, sei altro da me, divenendo una minaccia quando entriamo in contatto spaziale, specie nella circostanza in cui l'incontro avvenga su quello che io vivo come "il mio territorio" .
Io non penso che questa interpretazione sia sensata e come si dice all'altezza dei tempi 
 basterebbe per smontarla l'obiezione di Pino Cacucci, il quale ci ricorda che gli uomini hanno gambe e non radici, gambe che sono per definizione fatte per andare altrove , ma è comunque un'idea di mondo: semplificata, grossolana, vagamente tribale, ma antropologicamente legittima. La stessa idea di mondo che troviamo, certo ad altri livelli di decantazione intellettuale, in un pensatore raffinato come Carl Schmitt, che pure non condivido. Il Salone del libro di Torino mi sembra in ogni caso il posto giusto in cui idee di mondo alternative si confrontino. Perché i libri servono a questo, da sempre.
Non provo dunque rammarico per le dimissioni di uno dei suoi dirigenti, in polemica con la presenza, alla stessa manifestazione, di un editore collegato a Casa Pound, che per la terza volta dichiaro di non condividere. Ma cosa non condivido io non mi sembra argomento di una kermesse letteraria, così come cosa non condivide Christian Raimo. Che i libri continuino dunque a dialogare tra di loro, e anche le persone.

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