domenica 9 settembre 2018

Perle ai porci, o sul fantasma di seduzione


C'è una famosa massima che personalmente e da sempre detesto. Negli ultimi tempi sto però iniziando a conciliarmi, fuochino direi se si trattasse di un indovinello, se non proprio fuoco, fiamma, incendio. Non dare perle ai porci, dice la massima che detestavo e ora detesto un po' meno.
 In realtà è un precetto evangelico, sta in Matteo, capitolo sette, paragrafo sei, e nella sua forma estesa recita: "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi."
 Ma anche nella bella lingua di Matteo, tersa come un laghetto svizzero, continuava a sembrarmi un'affermazione un po' azzardata e tronfia, addirittura presuntuosa. Io sono la conchiglia che produce la perla, tu il porco. È evidentemente questo l'aristocratico contenuto che ci vuole comunicare Gesù.
 E invece no.
 Il monito, mi sono accorto in seguito, funziona anche se viene cambiato di segno. Non dare porci alle perle. Nemmeno sotto forma di prosciutto, speck, mortadella di Bologna. No grazie, ti risponderebbe comunque la perla.
 Il senso della frase, o perlomeno quello che parla a me, insegnandomi qualcosa di prezioso come una perla, smette dunque di essere tu vali più degli altri, non mescolarti alla plebe allo stesso modo in cui le cose sante non vanno mescolate a quelle profane, pena il rischio di venire sbranati. E’ infatti solamente uno dei possibili significati, e a ben vedere tra i meno interessanti.
 Bisognerebbe allora frugare alla ricerca di un messaggio più recondito. Che potremmo magari individuare in un avvertimento, più che in un diktat. Quello di guardarsi dalla convinzione ottimistica di poter stabilire, sempre e comunque, una relazione tra le cose. Prova a versare dell'olio dentro l'aceto, ogni tanto capita di sbagliare nel fare il rabbocco alle oliere. Ma poi, cavolo, vedi una macchia giallastra e unta galleggiare in superficie! Non si integrano, è pura chimica.
 Allo stesso modo esistono delle linee invisibili che impediscono agli esseri umani di integrarsi. O per lo meno ci vuole sforzo, tempo, cultura. Anche un poco di vocazione. E non è detto che tutti abbiano tale affinità, oltre al tempo e alla voglia di compiere lo sforzo. Quanto alla cultura, lasciamo andare…
 Ho così imparato, pian piano, all'inizio non è stato semplice, a riconoscere le linee di confine. E quando ora vedo l'ombra di un filo spinato – e a guardar bene si vedono sempre, basta socchiudere gli occhi e usare il naso come antenna – non cerco di tagliarlo. Nemmeno per mezzo di quella cesoia che chissà perché chiamiamo dono. Ma tra le lame si nasconde, come sotto un lenzuolo candido, un vecchio fantasma. E come tutti i fantasmi non vuol decidersi a morire.
 E’ il fantasma dell’io. Io sono, io voglio, io che per essere e volere provo a sedurti. E la prima richiesta di un seduttore è sempre: amami! Dovete amarmi tutti, guardate come sono buono continua a strillare il fantasma, mentre porge il suo bel dono infiocchettato.
 In molti casi sarebbe però come donare perle ai porci, sì, ormai l'abbiamo compreso. O porci alla perle, fate voi. Per quel che mi riguarda io ho già cambiato lenzuola al letto, e deciso di farci una bella dormita sopra. Possibilmente in compagnia: ma non di tutti!


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