giovedì 4 agosto 2016

La mostra Unrra

 
Il 9 novembre del 1943, a Washington D.C., il governo degli Stati Uniti diede avvio alle attività dell’l’U.N.R.R.A.. Acronimo poco sintetico e decisamente cacofonico, almeno nella nostra lingua, che in quella originale, addolcita dall'impasto sillabico tra vocali e consonanti, sta per United Nations Relief and Rehabilitation Administration (amministrazione delle Nazioni Unite per l'assistenza e la riabilitazione). Si trattava insomma e come noto di un fondo per il sostegno ai paesi maggiormente provati dai combattimenti ancora in corso, da ripartirsi ovviamente solo tra quelli alleati – Francia e Inghilterra, dunque, principalmente. Al termine della guerra, e fino al 3 dicembre del 1947, quando all'U.N.R.R.A. subentrò il più ampio e strutturato piano Marshall, i finanziamenti furono estesi anche alle nazioni sconfitte, tra cui l’Italia.
Poco prima di quella data, nei locali della Prefettura di Sondrio fu allestita una mostra celebrativa delle attività benefiche del fondo, non priva forse di una sua tacita malizia politica, quasi un dettato elettorale in vista delle prossime elezioni, in cui i comunisti erano diventati il principale spauracchio. Fu in ogni caso chiamata, senza troppi voli della fantasia, Mostra U.N.R.R.A..
Stava scritto anche su un  grande manifesto all'ingresso, che mia madre, il grembiulino bianco come tutte le sue compagne in quarta elementare, una cartelletta in pelle sulla schiena, aveva letto la mattina di buon ora, era quello il tragitto più breve per raggiungere le scuole di via Vittorio Veneto. Da quel momento, e per tutta la durata della mostra, mia madre aveva però cambiato strada. Si inventava ogni giorno percorsi nuovi e stranamente tortuosi, giri panoramici, divagazioni urbane che le facevano spesso mancare l’inizio delle lezioni. Alla maestra che la interrogava sugli improvvisi e inspiegabili ritardi – di solito era puntualissima! –, lei rispondeva con un silenzio reticente, gli occhi bassi e l’espressione contrita.
Sono passati quasi settant’anni, su Radio 3 c'è una trasmissione sugli aiuti postbellici della Seconda guerra mondiale. E' a quel punto che mia madre, interrompendo l'impasto per una torta di mele, mi racconta tutta la storia, trovando il coraggio per la confessione che non aveva mai fatto alla maestra. Temeva, passando di fronte alla Prefettura, di intravedere il contenuto della mostra. Che nella mente di una bambina di nove anni era una mostra vera e propria, dal nome nordico, vagamente minaccioso, parente forse di Thor e dei terribili Nibelunghi, con corna, peli, artigli e chissà cosa altro ancora. Un mostro, insomma, ma femmina. La mostra Unrra.

Nessun commento:

Posta un commento