giovedì 21 giugno 2012

Un coglione è un coglione è un coglione è un coglione, o sull'intelligenza emotiva

In nessuna epoca storica un coglione ha mai saputo di essere coglione. Questo è per definizione negato dalla logica formale, già che un coglione – termine popolare che rappresenta il massimo grado di inconsapevolezza – se ne avesse coscienza non sarebbe più coglione, e dunque non potrebbe sapersi tale. Ma in nessuna epoca storica, con eccezione della presente, un coglione ha mai fatto coincidere la propria condizione con la virtù, spregiando ogni altra forma di sapere che non sia la sua stessa coglioneria. Un esempio? Se Mastro Coglione avesse incontrato per strada Dante Alighieri o Guido Cavalcanti, nella Firenze guelfa del terzo secolo, non avrebbe cercato di mostrarsi superiore in campo poetico, retorico o filosofico. Tutt’al più, gli avrebbe scroccato qualche verso, per abbordare Madama Coglioncella. Aprite invece una pagina a caso di Twitter o Facebook, e troverete milioni di operosissimi coglioni. Uomini e donne che, ignari di tutto e di tutti, hanno una risposta e una teoria e un giudizio per ciascuna cosa, fondati per lo più sul biasimo e la pigrizia intellettuale. Un intero deserto cognitivo che si riprende le foreste del dubbio e del pensiero. Con gli psicologi, notoriamente i più coglioni del caravanserraglio globale, che plaudono e innaffiano di acqua benedetta la sabbia ondulata delle dune. Poi si girano e lisciandosi i baffi verso un cammello che sputa, la battezzano con il nome di intelligenza emotiva.


2 commenti:

  1. ma perchè anzichè biasimare chi esprime le proprie opinioni per quanto sempliciotte e sprovvedute, non pensi che forse si sta delinenando un nuovo campo di intervento e di messa alla prova della reale superiorità intellettuale di chi davvero sa e ha studiato? Voglio dire, pensa a quale straordinaria opportunità si apre con queste inedite forme di comunicazione di intervenire e, sforzandosi di farsi comprendere, elevare il livello culturale, con generosità, amore, pietà, senso di responsabilità e desiderio di sentirsi utili.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Luisa, se c'è una cosa davvero antipatica è citarsi. per questo, all'una e zerosette di notte, scelgo la scorciatoia dell'antipatia per evitare un discorso che sarebbe davvero troppo lungo e complesso: almeno per me, almeno a quest'ora. e dunque ciò che intendo dire, e che ho già detto, o almeno ci ho provato,si trova nel mio post precedente (qui: http://www.fontanaconsoldino.blogspot.it/2012/06/normal-0-14-false-false-false.html). tra le righe di quel testo ho cercato di capire, quindi di spiegare, perché non credo che con questo mezzo qui, ossia attraverso i social network, i forum, le chat, si potranno dire le cose che pensi tu. magari con altri mezzi e in altri modi, ma non su facebook, su twitter, no: quelli sono imbuti da cui possono gocciolare solo piccole parole. e le donne, e gli uomini, farsi piccini piccini per seguirle.

      Elimina