domenica 1 novembre 2009

Gladiatori, o dell'amicizia ai tempi di Facebook


Facebook, boh.
Alla fine mi sono iscritto.
Una ex-fidanzata, da principio.
Lei dice:
Così possiamo sentirci, restare in contatto.
Io rispondo hai il mio numero di telefono,
chiamami, mi fa piacere.
Abbiamo anche le mail, scriviamoci:
sapere come stai, quanti capelli ho perduto.
Sì ma qui è diverso,
non siamo solamente io e te,
siamo tanti, siamo collegati,
ti ricordi il finale di Otto e mezzo?
Tanti, già.
Non solamente io e te.
Ricordo una frusta, un girotondo,
la festosa marcetta degli ottoni ...
Tra i tanti anche scrittori, poeti.
Un lontano conoscente me li indica:
Fatti amico quel bravo scrittore,
la giovane poetessa esordiente.
In che senso, amico?
Amico vuole dire che puoi vedere quel che fa.
Ah, in quel senso lì.
Così mi faccio un po’ di “amici”, su Facebook.
E’ facile, è come alle scuole elementari:
Vuoi diventare mio amico?
Se ti risponde con un cenno del mouse,
siete amici.
Se no non siete nemici, siete niente.
Amici e niente, in pratica, è lo stesso.
Nemici è un'altra cosa.
Ma su Facebook si può essere solo amici
o niente.
Che poi è lo stesso, appunto.
Comunque ora ho molti amici, su Facebook.
Ho sessantatre amici e neppure un nemico.
Quello che scrive un amico lo puoi commentare
oppure dire semplicemente mi piace.
Perfino lo puoi tacere,
pigiare un link, la parola corrispondente
e si solleva un dito, il pollicione.
Sì, proprio come per i gladiatori.
Tanti pollicioni uguale tanto piacere
e il gladiatore l'ha scampata.
Scamparla, su Facebook, è quando la gente ti legge,
quando i tuoi amici ti leggono,
la sensazione che qualcuno ti protegge.
Lo stesso che fuori da Facebook, insomma.
Solo su Facebook lo puoi vedere subito.
Ad esempio basta scrivere:
(i miei nuovi amici lo fanno)
“Che dormita!”
"E che Palle"
"Uff" ...
e dopo qualche minuto si alzano tre pollicioni
o quattro o cinque, che ne so.
Ma per quanti pollicioni, i casi sono due:
o hai tre o quattro o cinque amici cretini
o questa cosa qui è di una intelligenza
nuova, più sottile.
Un pensiero che non ha più bisogno
di pensare ma di battere il tempo,
esprimere, risuonare
come le parole nelle canzoni.
Ecco, un’intelligenza musicale
è l’amicizia ai tempi di Facebook:
la frusta e il girotondo,
lieve lieve una marcetta di ottoni.

2 commenti:

  1. mi ha divertito molto questo articolo.

    Comunque ritengo Facebook un mezzo. Intanto. Secondo poi, un mezzo a cui dietro sta una certa tipologia di idee. O di mentalità su cosa sia o debba essere la società. O l'essere sociali.
    La possibilità di farsi amici e non nemici, dire che mi piace ma non che non mi piace sembrano leggeri 'dirottamenti', o almeno sembrano deviare la possibilità di farci manifestare un tipo di opinione.
    Può dare fastidio la loro logica, ma siamo noi a sottostare nel momento in cui iscriviamo.
    Non per questo ci è negato esprimerci. Quello che c'è dentro è solo opera nostra e quindi il pollicione su a chi dice 'uff' è tanto importante e profondo quanto il commento di partenza.

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  2. virginia, sono d'accordo solo in parte. o meglio, concordo pienamente sul fatto che facebook sia un mezzo. ma un mezzo, come anche tu adombri, con implicata una precisa strategia di relazione. e ciò probabilmente in maniera indipendente dalla volontà di chi l'ha creato; cioè per effetto delle sue procedure operative, che hanno precise ricadute nella prassi ("la tecnica non è buona non è cattiva ma non è nemmeno neutra", sosteneva un filosofo spagnolo di cui non ricordo il nome). ora se una procedura, una tecnologia, è in qualche modo già intenzionata dalle sue possibilità, non è più e solo un "mezzo", ma anche un "fine", se così posso dire. e quale è allora il fine (implicito) di facebook? la mia idea è che facebook sia parte integrante di quel processo vagamente "antiumanistico", in cui i rapporti personali assumono la forma di snodi efficienti ("linee passanti", li chiamerebbe forse baricco) di un gesto superiore. il gesto di un dio, di un direttore di orchestra, di una farfalla che sogna.. ? boh, non ne ho la minima idea virginia. certamente quei pollicioni che si alzano a ogni mah e a ogni uff, non rispondono più a logiche di "contestualità semantica" (passami questa brutta espressione), quanto piuttosto a una sorta di ritmo, di rap, che certifica che dall'altra parte la linea passante è attivata, e che ci si può far scorrere dentro il liquido tiepido della modernità..

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