Mi ricordo della
cassiera di un discount. Si trova a Casacce, un paese a una decina di
chilometri da Sondrio, dove è comunque presente un punto vendita della stessa
catena, che è però sempre affollato. Così ho preso l’abitudine di andare a
Casacce. Qui ci sono due casse ma solamente una viene mantenuta aperta, per il
flusso di clienti è più che sufficiente. Una cassa per tre cassiere in alternanza.
La cassiera del mio
ricordo è bionda, alta, l’espressione un po’ triste. Quando l’ho vista la prima
volta ho pensato a una versione tinta di Anna Karina in Pierrot le Fou.
Da giovane sceglievo la cassa nei supermarket in base all’avvenenza delle
cassiere; ora cerco di intuirne l’umore, le speranze deluse o la
soddisfazione per avercelo, comunque, un lavoro.
Con questa cassiera
confesso che è stato difficile. Si spegneva e riaccendeva a ogni turno di
spesa, on off, on off, passando dal dentro al fuori attraverso una parola di
attenzione e un sorriso per tutti, in una versione disneyana del cliente ha sempre ragione.
Arrivato il mio turno mi ha chiesto a bruciapelo: “Come stai?”
Come sto? Di solito lo
si chiede a chi già si conosce. E comunque sto male, molto male. Che faccio,
glielo dico… Alla fine ho optato per la figura della litote: “Non bene” le ho
detto senza guardarla in faccia, e cominciando a infilare la spesa nel sacchetto
che avevo portato da casa.
“Cos’hai?” ha insistito
lei. “Sempre se posso chiedere…”
“Beh, tante cose. Problemi alla vista in particolare. Due settimane fa ho avuto un distacco della retina, e
ora da un occhio quasi non ci vedo.”
“Anche io, da un
occhio, non vedo.”
“Davvero?” ho ribattuto tanto per dire qualcosa, tutto preso dal mio essere al centro di un mondo di ombre confuse e oscene, un mondo sul punto di sfasciarsi.
“Da quale occhio?” ha
insistito lei. “Quello che non va, intendo.”
“Il destro.”
“Io il sinistro.”
“…
“Allora,” ha concluso la
cassiera, “in due facciamo una persona normale!”
Nei giorni successivi
ho pensato spesso alla sua battuta. Avevo voglia di trasformare i miei pensieri
in un gesto: non di seduzione, è troppo giovane per me. Un gesto che
restituisse la figura di integrità intravista per un attimo, mentre il cliente
successivo premeva con una bottiglia di Baileys sottomarca.
Sono tornato altre
volte nel discount di Casacce. Non sempre la trovavo, e un po’ mi dispiaceva.
Ma quando c’era lei veniva ripreso il filo del discorso, come se l'ultimo scambio fosse avvenuto pochi secondi prima. Dall'oculistica si è
passati alla musica – curioso che una ragazza di nemmeno trent’anni ascolti i Beatles
– poi alle serie TV. Mad Men è piaciuta molto a entrambi, peccato che non siamo riusciti a confrontarci sulle ragioni per cui Don Draper ha
allontanato il fratello, perché diavolo l'ha fatto... ma c’era sempre il cliente successivo.
Mediamente, si trattava
di conversazioni di trenta secondi, massimo un minuto. È possibile
dare forma umana a rapporti di un minuto? Rapporti che col sesso, o altre scorciatoie
fisiche, non c’entrano nulla. Non so, ma alla fine mi è venuto in mente il
gesto.
La volta successiva,
arrivato il mio turno, ho aggiunto alla spesa una confezione di Lego; conteneva dei girasoli da montare, non l'avevo presa dagli scaffali del discount ma acquistata su Amazon. In fondo
eravamo a dicembre inoltrato, una coppia balcanica aveva infilato un enorme
Babbo Natale nel carrello. “Sono per te” le ho detto. "E sono due, come i nostri occhi sani o quelli scassati, a tua scelta. Non battermeli con la
spesa però” ho aggiunto per stemperare l’imbarazzo.
Lei è rimasta un po’
interdetta. Ah, grazie grazie… che pensiero gentile. Ora non ricordo le parole
esatte, ma deve avere balbettato qualcosa del genere. Intanto, la coppia
balcanica aveva già posato il pupazzone rosso con la barba bianca sul nastro.
“Allora ciao” le ho detto, “alla prossima e buon Natale.”
Ma prima di uscire
dalla porta scorrevole mi sono sentito chiamare. “Ehi, tu, occhio scassato... Cioè, scusa: uomo dei girasoli.” Ci siamo accorti che non ci eravamo ancora presentati.
“Una cosa, non fraintendermi.”
“Dimmi.”
La donna della coppia
balcanica, spazientita, continuava a tamburellare le dita sul capoccione del
pupazzo e, più dietro, il carrello di un uomo con i capelli fulvi era
pieno di sacchi di carbonella. C’è da credere che dovesse organizzare una grigliata
per il cenone degli alpini.
“Posso abbracciarti?”
ha detto la cassiera in un soffio.
Poi è uscita dalla casa e l’ha fatto, mi ha abbracciato davanti a tutti senza che io avessi il tempo per rispondere, né di chiederle quel nome che mi è tutt'ora ignoto. Con i nostri occhi scassati che vagavano, fuori fuoco, tra friggitrici ad aria che si rompono dopo due settimane, merendine piene di grassi saturi, mozzarelle di bufala in scadenza. Mentre i nostri occhi buoni si aggrappavano al buono che c'è.

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