Del caso Signorini, seguito con lo stesso spirito di un telefilm del Tenente Colombo – da principio distrattamente, poi finendo incollato allo schermo –, due o tre cose credo di averle capite. C’è un omosessuale anziano, per altro in ottima forma fisica. All’omosessuale piacciono per definizione gli uomini, e non appare eccentrico il fatto che li voglia molto più giovani e in una condizione fisica (diciamo pure: palestrati) quantomeno pari alla propria.
Giovani palestrati di bell’aspetto ne esistono in
quantità, e nella quantità alcuni ambiscono a ciò che l’omosessuale anziano può
offrirgli: fama, foto sulla copertina dei giornali di gossip, ospitate in
discoteca o nelle trasmissioni televisive pomeridiane. La partecipazione al
Grande Fratello Vip è la chiave di volta, e quella chiave sta ben salda nel
moschettone dell’omosessuale anziano. Se ne ricava che questa coincidenza va a
configurare un potere.
Ma anche i giovani corpi palestrati dispongono di un
potere, almeno agli occhi dell’omosessuale anziano: il potere di fargli girare
la testa, per precipitare il sangue in zone un poco più basse. Ora io non
conosco a sufficienza il Codice di Procedura Penale per potermi pronunciare, ma
esiste anche una legalità implicita – la legge degli dèi invocata dagli
abitanti dell’isola di Melo in risposta alle richieste degli ateniesi, i quali
fondavano invece la loro idea di diritto sulla forza –, una legalità percepita
come le temperature ad agosto, non sempre in coincidenza col termometro.
Conduce a soluzioni spicce: due uomini adulti che hanno rapporti sessuali
possono farlo per molte ragioni, tra cui l’asimmetria dei loro desideri.
Riassumendo: ai giovani palestrati fa schifo Signorini
ma piace il successo; a Signorini fa schifo essere vecchio ma,
disponendo del successo anche in conto terzi, ha la possibilità di
godere di una gioventù surrogata attraverso il corpo degli aspiranti al Grande
Fratello Vip. Se si tratta di persone maggiorenni e consenzienti, che male c'è
nello scambio?
Tra l'altro, lo schema antropologico è ricorrente
(Cesare e Cleopatra, così per fare i primi nomi che mi vengono in mente), e
anche il buon senso suggerisce la ricerca nell'altro delle proprie mancanze; va
aggiunto che non sempre è "l'amami quanto io t'amo" della Traviata,
verso ripreso da Signorini quale titolo del suo ultimo romanzo. Al limite, se
fossi Piersilvio Berlusconi, avrei qualcosa da obiettare a Signorini sui metodi
nel fare casting a Mediaset, ma se la vedano tra di loro. Mentre trovo preziosi
i dettagli che stanno emergendo sulla vicenda, dove lo schema antropologico a
cui facevo riferimento trova aggiornamento dentro un’estetica affatto nuova.
Dire che quell’estetica è disgustosa è probabilmente la reazione più immediata; e hai un bel dire che se milioni di mosche mangiano merda la merda non deve essere tanto male… Eppure sarebbe la risposta sbagliata, il disgusto è la reazione dell'organismo a ciò che viene percepito come alieno e ostile. La questione è qui invece un’altra: le chat rese pubbliche da Fabrizio Corona non hanno probabilmente rilievo penale, ma raccontano del nostro tempo – dunque di noi – molto più di un dibattito da Lilli Gruber. Sono l’equivalente dello specchio di Grimilde, che non ci dice chi sia la più bella del reame, ma l’idea di bellezza che nel frattempo ha preso forma.
Signorini diviene così l'involontario Omero, a occhi
socchiusi ci racconta, attraverso WhatsApp, da dove veniamo e dove stiamo
andando come comunità sempre più franta. I suoi abboccamenti sessuali (“L'unico
difetto che mi terrorizza”, scrive Signorini, “è che tu abbia il cazzo
piccolo.” “No no, ho un uccello importante!” risponde a stretto giro Antonio
Medugno, il quale poi effettivamente entrerà nella casa del Grande Fratello) sono la
lettura più accurata del presente, dimentichiamoci le saghe famigliari nostrane
e i romanzi-mondo di oltre oceano. Tutto ciò che ci serve per capire, e
soprattutto per capirci, sta già scritto lì.

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