domenica 17 settembre 2023

Lucchetto

Ho finalmente capito dove stava l’errore, l’intuizione mi arriva da una memoria dei primi anni Ottanta. I miei cugini, allora adolescenti come me, avevano iniziato a telefonare ai loro amici sparsi per l’Italia, e questo aveva fatto lievitare la bolletta. Da qui la risoluzione di mia zia: un bel lucchetto sul selettore rotante del telefono, così da consentire solo chiamate in entrata.

Anche sui social ci sono un sacco di chiamate in entrata. Perciò non cancellerò il mio profilo Facebook, come in più occasioni ho provato la tentazione di fare. Su 3628 contatti all'attivo in data odierna (ogni giorno ricevo due o tre nuove richieste), di una quindicina leggo con una certa regolarità ciò che scrivono - tra l'altro, mi offrono in dono le loro belle intelligenze all'opera, nessun gettone da pagare come nelle cabine della SIP, che era l'alternativa telefonica all'epoca. Da un'altra cinquantina ricavo spunti interessanti, sorrisi, sensazione di essere sulla stessa lunghezza d'onda, altra formula diffusa nello stesso periodo derivata dalle prime radio libere. Rimane la più parte costituita da fantasmi oppure rompicoglioni, da cui nella remota eventualità preferirei non essere letto, tanta è la distanza che avverto tra me e loro. Una distanza non gerarchica, intendiamoci. Pura antropologia che desta in me pudore.

Inoltre, antipatico a dirsi ma tant’è, trovo indigeste certe confraternite dell’uva, dove si pigia il mosto in compagnia sempre degli stessi calcagni. Il mio amico, amico vero intendo, il fosforico narratore situazionista Fulvio Abbate, lo chiama “amichettismo”, e lo attribuisce in special modo alla categoria degli scrittori. Se dicessi che ha ragione, come viene rimproverato a lui mi si potrebbe obiettare che è la vecchia storia della volpe con l’uva. Ma confesso che il sospetto era venuto anche a me.

In ogni caso, per un po’ di tempo ho deciso di fare come mia zia: mantenere attivo il mio attuale profilo Facebook solo in forma di ricezione, un bel lucchetto e via. Magari, per le chiamate in uscita, aprirò un profilo più piccino e con un altro nome, purtroppo non lo si può fare nel più completo anonimato. Emily Dickinson scriveva “Che orrore - essere - qualcuno! \ Che cosa pubblica - come una rana - \ che gracida il suo nome - per tutto il lungo giugno - \ a uno stagno ammirato!”

E se invece di una poesia fosse una profezia, quella dei moderni social dai lei intravisti oltre un secolo e mezzo prima?

Non lo so, per scoprirlo un buon modo sarà tornare a essere girino. Se mi verrà voglia di scrivere qualcosa lo farò da quella pozzanghera, senza l'ansia di essere obliterato dai like, senza forse neppure un lettore, alla maniera dei matti che parlano da soli. Poi, magari, come fece mia zia quando i miei cugini divennero più grandicelli e responsabili, potrei anche togliere il lucchetto e tornare a gracchiare in compagnia, come fa chi non è ladro oppure spia.

O anche no. Vedremo… Nel frattempo mi congratulo con me stesso per l’idea: era tanto semplice, come ho fatto a non pensarci prima?!

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