martedì 13 settembre 2011

"Vertigine pop", o sul disprezzo cinefilo


"Vertigine pop: Tsui Hark gira un wuxia storico con derive fantasy, che si sviluppa secondo una detection classica, da whodunit dei tempi che furono, percorso da dialoghi screwball, venato di melò, infarcito, sino alla nausea, di CGI..."

Queste sono le prime tre righe di una recensione al film Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma, scritte da Giulio Sangiorgio per gli Spietati. Sia Sangiorgio sia gli Spietati, un ottimo sito web di approfondimento cinematografico, va tutta la mia stima. Eppure, per quanto io possa presupporre un'intenzionalità mimetica della recensione con il suo oggetto, alla quarta riga ho interrotto la lettura, e mi sono fatto una semplice domanda: perché le persone che scrivono di cinema, anche quelle brave, intelligenti, perché devono farlo con un esoterico linguaggio da casta sapienziale, o da supponenti medici della mutua – wuxia; fantasy; detection; whodunit; melò, screwball; CGI... –, come chi cammini per strada con un termometro ficcato nel buco del culo?

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