martedì 15 settembre 2015

Sottobosco, o sull'amicizia ai tempi di Facebook


Ieri ho pubblicato un thread su Facebook. Lo riproduco qui, pari pari. Decidete voi se si tratti di un quasi-racconto, o di una mezza "cagatina":


E' molto bello e gratificante stare qui con tutti voi, che siete i miei cari amici di penna, i miei amici di Facebook. Mi ricorda quando da bambino facevo la cacca in un bosco. Subito dopo cercavo nel sottobosco, tra gli umidi e fronzuti paraggi che a volte mi toccava perlustrare con i pantaloni calati a mezza gamba, la camminata lenta e a ginocchia divaricate, da lottatore di sumo, qualche foglia ampia e non troppo ruvida, con cui pulirmi il culo. La merda sono ovviamente i miei pensieri, ho pensieri di merda, come potete ben vedere. Ma spero che di questo saprete perdonarmi, su dai non fate troppo gli schizzinosi, voi che siete i miei cari amici di penna, i miei amici di Facebook. Anche perché avete pensieri di merda pure voi, mi dispiace dirvelo ma tutto quello che pensate e scrivete ha l'odore della merda, la sua consistenza molle e opaca e appiccicosa, plasmabile, come Pongo dei poveri. E se non è merda lo diventa, seguendo il destino di una torta nuziale dopo il banchetto. Magari una di quelle belle torte a sette piani, le statuine di marzapane che si baciano teneramente alla sommità, tra lamponi rossi rossi e panna spumeggiante che tutto copre e benedice, comprese le negligenze del pasticcere. Prima era lì, poi una fetta, due, tre, e ora la sposa sente un rumorino dentro la pancia, deve correre in bagno tenendo sollevato il lungo strascico bianco, mentre con l'altra mano lancia alle spalle il suo bouquet. Chi lo piglia, sgomitando a tutto spiano, è in genere la più merda di tutte... Ma no, adesso non offendetevi, io sono uno che ci tiene all’amicizia, e già sapete che voi siete i miei cari amici di penna, i miei amici di Facebook. Non è nemmeno colpa vostra, colpa nostra: è solo che qui tutto è deiezione sintattica, residuo grammaticale maleodorante, un bolo escrementizio prodotto dall'urgenza di esistere almeno attraverso le parole, visto che gli specchi non riflettono più i nostri volti rubizzi, contratti nello sforzo di espellere ogni forma reale di esperienza. E allora poco male se ciò che scriviamo viene presto rimosso e dimenticato, per lasciare spazio a più recenti e fumiganti cagatine. Così miei davvero cari amici di penna, amici di Facebook, finiamo con l'essere l’uno all’altro la foglia, l’uno all’altro la felce con cui pulirci di volta in volta il sedere, mentre la nostra amicizia si fonda su un’incessante e torrenziale diarrea. Per questo devo ringraziarvi ancora una volta, ma proprio tanto: non solo per essere i miei cari amici di penna, i miei amici di Facebook, ma per come vi lasciate cagare in faccia con pazienza e dedizione, che ricambiate cagando di continuo in faccia a me. L’amicizia si riconosce anche da questi minimi gesti di affetto e complicità. E noi siamo amici, amici per davvero. Anche se solo di penna. Amici al tempo di Facebook.

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