martedì 5 marzo 2024

Noi e loro, in morte di Barbara Balzerani

 

Sulla morte di Barbara Balzerani si sta scrivendo molto. Il mio pensiero, dispiaciuto per il vuoto lasciato dalla donna e anche per amici e parenti, dopo le doverose condoglianze imbocca una via laterale, uno scarto di lato come quello del bisonte cantato da Francesco De Gregori. Dalla ex brigatista, allo stesso modo di altri terroristi rossi e neri, ho quasi sempre sentito esprimere parole coniugate in prima persona plurale, nelle interviste le riposte muovevano da un noi – ma noi chi?

Credo che il problema, prima ancora che politico, sia linguistico, e concerna la lingua italiana per come è strutturata. Tra i pronomi io e noi non esistono infatti sfumature, gradini intermedi, se non nella forma oppositiva del loro: loro quale espressione perversa del Capitale, il famigerato SIM (stato imperialista delle multinazionali) e noi gli altri, i buoni, gli sfruttati, gli assassini ebbene sì, essere gettati nella storia comporta il prendersi delle responsabilità. Reduci di una stagione di sangue dove Balzerani era parte per il Tutto, ma sapendo essere anche affabile e premurosa, bellissimo il sorriso quando lumeggiava da dietro le sbarre.

È evidente che le cose non stessero a questo modo. Mio nonno che mungeva le mucche ogni giorno compreso il Natale, alle sette in punto del mattino si avviava verso la stalla con due secchielli di metallo prima vuoti e poi colmi, e lo stesso alle cinque del pomeriggio, benché alle elezioni votasse per la Democrazia Cristiana mio nonno, dicevo, non era un'espressione del SIM. Solo che alla Balzerani mancavano le parole per dire nonno, mucca, gelataio col riporto di via Mazzini, don Aurelio che ti dà cinquanta lire per la spuma nera se gli prometti di andare a messa domenica, mica come la domenica precedente che sei andato al canalone a fare ciclocross. Tutte singolarità non collocabili dentro un gioco al massacro che contiene solamente due variabili – noi e loro, appunto.

In alcune lingue, tra cui il greco antico e l'ebraico, esiste un modo verbale collocato al confine tra io e noi, corrispondendo al rapporto tra due persone soltanto. Non sono però a conoscenza di lingue che distinguano ulteriormente tra tale unità minima di relazione – noi due – e le dimensioni discrete del pronome. Quando si dice noi si intende infatti l'universale, noi tutti, ma altre volte sta in luogo di molti oppure alcuni, la misura quantitativa la ricaviamo dal contesto. Quindi noi che eravamo quattro amici al bar, noi che facciamo la spesa all'MD, noi tifosi della Spal o noi donne con la sesta di reggiseno. Sono tutti dei noi, anche quando non siamo noi.

Ecco, sarebbe bello se questo noi limitato trovasse espressione non più solo implicita, dichiarando la propria parzialità attraverso formule verbali certe. Diversamente, ci saranno sempre persone, come i terroristi, che quando dicono noi pensano di parlare a nome di una collettività astratta e senza termini, e ciò anche quando riconoscono gli errori: noi ci siamo sbagliati ammettono infine con mestizia, pensando all'inciampo di un’intera generazione sconfitta. E invece a sbagliare eravate in pochissimi, un noi minuscolo, a essere macroscopici erano gli effetti vigliacchi delle vostre azioni. Come a dire che quando perde la Spal, magari l’Inter ha vinto.

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