venerdì 5 novembre 2021

Tutta colpa di Aristotele


È tutta colpa di Aristotele. Da diversi mesi ci sto pensando – non continuativamente, non sono così masochista… – e alla fine questa è l’unica risposta che sono riuscito a darmi. Aristotele, sì, colpito e affondato.

La domanda, perché senza domande non ci sono neppure risposte, coincide con l'interrogativo sulla provenienza (la radice psichica ma anche culturale, storica) di tutta questa insofferenza verso il Green Pass, la "dittatura sanitaria" e altre misure, ovviamente, "liberticide". Slogan pronunciati da persone di tutti i tipi, sarebbe più semplice, oltre che confortante, fosse solo l'eco di minoranze poco intelligenti e riottose; ci sono invece filosofi, scrittori, critici d’arte e giornalisti. Quella che un tempo si sarebbe detta intellighenzia, per intenderci. La quale in forma non certo unanime, grazie a dio, ma comunque significativa continua a ripetere quelle che mi apparivano come delle colossali str… va be’, diciamolo eufemisticamente: sciocchezze.

E invece no, non sono sciocchezze, dietro c’è niente di meno che lo Stagirita con il suo principale lascito formale, costituito dal sillogismo. Lo schema, come noto, è il seguente: tutti i pesci hanno le branchie. Nemo è un pesce. Dunque, Nemo ha le branchie.

Bene, proviamo ora ad applicarlo all’emergenza pandemica. Tutti gli uomini che vengono contagiati muoiono. Paolino è stato contagiato sei mesi fa. Dunque, Paolino sarà già morto.

Macché, ribatterebbe Paolino toccandosi le parti basse, sono qui, sono guarito e sto benone! Ci tocca allora cambiare di sillogismo: tutti gli uomini che vengono contagiati guariscono. Nicolò è stato contagiato da Paolino. Dunque, Nicolò guarirà.

Ma cos’è quella faccia triste, Paolino, non sei contento della notizia? No, il mio amico Nicolò e morto ieri. Di Covid. Insomma, non se ne esce, con la dinamica propria delle malattie virali non è possibile istituire nessun sapere certo, nemmeno se provassimo a estendere il sillogismo alla cura: tutte le persone vaccinate la fanno franca. Io mi sono vaccinato. Dunque, io la farò franca. Un’affermazione purtroppo smentita dall’esperienza, che ci offre indicazioni solo in forma probabilistica, mai collocate in un orizzonte biografico definito (situato direbbe uno di quei filosofi concentrati sui diritti, le libertà soggettive) ma solo per macrocategorie impersonali.

Credo che provenga proprio da qui la diffidenza alle misure di contenimento istituite a tutela della salute: sono anch’esse incerte, vaghe, piene di contraddizioni. Eppure sta proprio in tale vaghezza – si chiama statistica – l’unico strumento di cui disponiamo per contenere il contagio. Potremmo anche vederlo come il pensiero della complessità, grazie al quale l’italiano Giorgio Parisi ha appena ottenuto il premio Nobel per la fisica, in opposizione alla linearità storica che continua a informare il nostro sistema educativo, in cui una singola persona non può essere morta al 32% e al 68% viva, come il gatto di Schrödinger.

Eppure se non usciamo da tale eredità aristotelica, in cui si è vivi oppure morti, in cui tutti i pesci devono avere le branchie, le cose non possono che peggiorare. Lo vediamo in Russia, in Bulgaria, Romania, Austria. Tutti paesi che hanno fatto della logica aristotelica il filtro tra il singolo e la comunità; la comunità non è tale fin che non mi contempla con assoluto rigore nominale, sembrano pensare, forse inconsciamente, i loro cittadini, io sono io e non un altro che mi rassomigli. Quel rigore evocato anche da Giorgio Agamben, Massimo Cacciari, Vittorio Sgarbi, Diego Fusaro, e che gli fa dire che un morto o mille morti o cinque milioni sono lo stesso, ossia una controfigurazione dell'umanità fatta di riconoscibili vissuti, a coagulare in un nome e cognome già scolpiti sulla lapide.

Per contrastare un pensiero che si richiama, in forma certo malintesa, alla più alta tradizione umanistica, in mancanza di una robusta iniezione di sapere scientifico (uno non può darsi da solo la cono-scienza, come Don Abbondio il coraggio), suggerisco allora di spostare l’argomentazione dal piano razionale a quello simbolico, istituendo per questa e le future pandemie l’equivalente sanitario del milite ignoto. Tu non devi, in altre parole, seguire le profilassi suggerite per salvare te stesso o i tuoi cari, ma per responsabilità civile verso il monumento al milione e mezzo di morti ignoti che l’Italia avrebbe avuto senza lockdown, mascherine, vaccini e Green Pass. Un milione e mezzo di Paolini, Nicolò, Giovanni, Luise, Assunte, non sapremo mai i loro nomi. O meglio non li sapremo prima, come nella canzone di Jannacci: “ah, se me lo dicevi prima…” No, prima non è possibile, solo dopo. Ma quel dopo è già l'ombra di esatte proiezioni statistiche.

Il conto è presto fatto: senza alcun argine politico e sanitario, il virus avrebbe finito col penetrare tutti i nostri corpi, ma proprio tutti con un indice di contagio stimato, per la variante Delta, al pari della varicella (R0 > 8), finendo con l'uccidere il 2,4% della popolazione italiana; senza contare le conseguenze a lungo termine nei guariti, ciò che chiamiamo Long Covid. Categorie queste  sommersi, salvati e malconci   che sono per l’appunto ignote, non sappiamo come collocarci all'interno di esse, chi di noi avrebbe avuto la peggio. Ma se il termine noi ha ancora un senso, cari filosofi, cari intellettuali, imparate a pensare un po’ in astratto, ribaltando lo schema deduttivo del sillogismo all'induzione; tornando al pescetto da cui siamo partiti, il vostro amato Aristotele la chiamerebbe "pescità", per cui sono pesci anche quelli che non abboccano all'amo.

Non è difficile, da recenti studi etologici pare che la facoltà di astrazione appartenga anche ad alcuni primati, perfino uccelli. In fondo vi chiediamo solo questo: non di raggiungere la maestà corrusca di Giordano Bruno, a osservarci dall’alto del monumento a Campo de' Fiori, ma quella della cornacchia che gli si posa distratta sul capo.

1 commento:

  1. Diciamo che ormai non c'è più un "noi", ma solo un insieme di "io" e "io" e "io".
    Un "io" che vuole fare quello che vuole fare e lo farebbe pure se seguisse piccoli o grandi accorgimenti, ma non lo può fare perché seguire piccoli o grandi accorgimenti sarebbe gia una restrizione a fare quello che vuole fare.
    Insomma: il cane che si mangia la coda e che ormai è già arrivato al culo a furia di mangiare

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