sabato 2 febbraio 2019

Studia l'arte e mettiti da parte, o sulla bellezza dell'inutile

Lo dico senza ironia né, tanto meno, spirito di provocazione, ma a me sembra una bellissima notizia che non esista più alcuna scuola ad assicurare il lavoro ai ragazzi, e sono pochissime anche le università che raggiungono lo scopo; forse solo Medicina e, in parte, Ingegneria, mentre tra gli istituti secondari mi viene in mente l'Alberghiera, o ancora più precisamente l'indirizzo per diventare cuochi. Che per fare il cameriere, almeno nei ristoranti che frequento io, bastano un paio di scarpe nere e una camicia bianca. E se ci scappa una macchia di sugo non ci scandalizziamo mica.  
Quando ero ragazzo si diceva: fai Ragionieria e ti assumono in banca, vai tranquillo, ci mette una buona parola l'amico dell'amico di papà, o se preferisci Geometra e un posto al Catasto non te lo leva nessuno. Negli anni successivi, a spanne dai Novanta in poi, sono venuti di moda gli studi in informatica e turismo, quindi è stata la volta di web design, marketing, comunicazioni, per non dire delle scuole steineriane frequentate anche dai figli del Grande Capo.
Tutte esche su cui i ragazzi privi di un'autentica vocazione (e forse anche desideri) si buttavano come pescetti in banchi compatti, le reti venivano disposte da istituti perlopiù privati e molto costosi. Il sotto testo era: vieni da noi e un posticino, da qualche parte, vedrai che salta fuori. Magari un'attività dove non ci si spacchi la schiena e sia bella da pronunciare quando all'happy hour ti domandano: Che lavoro fai? Websticazziqualcosa, e ci fai pure la tua porca figura. 
Non che adesso questi tentativi di seduzione siano cessati, ma mi sembra che i giovani, non so se più cinici o rassegnati, non se li bevano più. È in questa chiave che leggo il recentissimo boom di iscrizioni ai licei, che nel frattempo hanno moltiplicato le sigle 
(classico, scientifico, linguistico, artistico, socio-psico-pedagogico e ora mi dicono anche musicale) ma si propongono comunque tutti come studi rivolti alla formazione della persona, più che catene di montaggio per piccoli Stachanov.
Si dirà: ma che te ne fai della conoscenza della filosofia, di Dante, Michelangelo, per non dire del greco e del latino, quando già sai che non ti serviranno a nulla, non concretamente almeno? E mai come ora mi sembra tornata attuale la risposta di Aristotele: la filosofia non serve perché non è serva di nessuno.
Che è solo un modo per rimandare il problema del lavoro 
 "chi ti dà i soldi per l'affitto, e per questa sigaretta qui?" chiedeva Nanni Moretti in una celebre sequenza di Ecce Bombo, rivolgendosi a un'amica che dichiarava di "fare cose e vedere gente" , ma per adesso incassiamo un po' di cose inutili e belle. È dunque questa la buona notizia, non certo la penuria di lavoro (per giunta mal pagato). 
Ci sono addirittura alcuni studi che dimostrerebbero come una testa agganciata a una tradizione che ha sé stessa quale oggetto, un sapere ineffettuale, come si dice, giri meglio anche quando mortificata con le professioni del presente; un po' come le Ferrari vendute negli Stati Uniti, la cui potenza, successivamente, viene limitata per non superare un centinaio di miglia. 
Se poi avete un figlio che si ostina a voler studiare marketing o turismo o, peggio, si iscrive a una fashion look academy, fatevene una ragione. Nella migliore delle ipotesi è gay, e nella seconda non è figlio vostro ma dello spirito dei tempi, che da sempre detiene un'ipoteca paterna sui più giovani. D'altronde lo stesso Socrate non ha mai capito cosa frullasse nella zucca dei suoi quattro figli un poco grulli, per non dire della moglie...

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