sabato 8 ottobre 2016

Ma leggere fa davvero bene…? Dipende



Que el blanco sea blanco
que el negro sea negro
que uno y uno sean dos
como exactos son los números
Depende


Jarabe De Palo



Ci sono delle frasi che suonano dannatamente bene, e quando le pronunci ti sembra di essere più alto di una manciata di centimetri. Non importa se siano vere, o meglio reali e dunque dimostrabili, ed è anzi la loro evidenza solo presunta – in filosofia viene chiamata apodittica – a sancirne il definitivo carisma, almeno all’interno di una determinata comunità che ne condivide le premesse. Una di queste frasi zeppola è la seguente: gli stranieri non sono un problema, ma una risorsa.
Ed è intuibile che la comunità di riferimento da cui parte e quindi si involge, come la cresta di un'onda arrivata al proprio acme, è in questo caso la sinistra democratica e riformista, almeno nel suo sentire diffuso e vagamente naif, che lo scrittore "marchese" Fulvio Abbate identifica nell'emblema gastronomico-salutistico della zuppa di farro.
Quanto al contenuto, è ugualmente ravvisabile l’assoluta assenza di fondamenta logiche, prima ancora che empiriche. Di quali stranieri stiamo infatti parlando: dei giovani laureati indiani in matematica e scienze informatiche, o degli ex detenuti albanesi che arrivano in Italia di straforo? Ma è anche questa una contrapposizione riduttiva e mal posta, già che ci saranno, possiamo scommetterci, anche degli ex detenuti indiani e dei plurilaureati albanesi.
L’unico modo per smascherare le frasi zeppola è quello di capovolgerle come un calzino, quindi verificare se funzionano ancora. Ad esempio: gli stranieri sono un problema, non una risorsa.
Sì, anche in questo caso funziona, ci si sente nuovamente rialzati di qualche centimetro, ciò che cambia è solo la comunità di riferimento, che ora diventa la destra più diffidente e riottosa unita al brontolio dialettale del leghismo padano di stazza al bar Tal del Tali (da un punto di vista antropologico, ossia prepolitico, possiamo considerarli sinonimi, mutando solo il colore della camicia…). 
Esiste però una parolina piccola piccola, sette lettere appena, che ha il potere di smontare le frasi ingannevolmente sagge, riconducendole alla loro misura di ipotesi, perlopiù grossolana. E’ il termine dipende: gli stranieri sono etc etc… Dipende.
Facevo questi pensieri incappando, su Facebook, nelle ennesime e diffuse perorazioni della lettura da parte di persone che, ovviamente, si attribuiscono la stessa pratica – sono come si dice dei lettori forti , e sintetizzabili nella frase zeppola: leggere fa bene. Con sottotesto: leggete, zucconi, per diventare bravi e intelligenti come me!
Ma ne siamo proprio certi…?
A me pare che dipenda dal contenuto e dalla forma di quel che viene letto: non è lo stesso leggere i dialoghi di Platone o il Mein Kampf di Adolf Hitler… Ma dipende anche, se non soprattutto, da come si legge e da cosa te ne fai di quel che hai letto. Infine, per completare il vademecum giornalistico delle cinque w - who, why, what, when, where - da chi legge, dove legge e perché legge (per fare il figo e guardare gli altri dall'alto in basso, o per cercarne la pupilla da una prospettiva orizzontale, quindi comprenderli, o perlomeno provarci?). 
Credo sia stato Karl Jaspers, dopo il secondo conflitto mondiale, ad aver posto per primo e con forza il dubbio sulla facoltà emancipativa della cultura cosiddetta "alta". I tedeschi erano infatti già allora uno dei popoli più colti del mondo, ma gli scaffali del loro intelletto, colmi di squisite nozioni ed estetici afflati, non hanno rappresentato un impedimento alla diffusione della barbarie nazista. Secondo alcuni, tra cui lo stesso Jaspers, il sapere astratto e letterario ha agito addirittura come lievito per la violenza ideologica, allo stesso modo di quanto era già avvenuto con il terrore giacobino.
Si può quindi dedurre che la cultura, in un’accezione sempre aristocratica e volontaria – lo sforzo attivo per impadronirsi di informazioni e conoscenze limitate ai più – possieda una doppia vocazione, che possiamo visualizzarci con la metafora del ponte levatoio.
Quando è aperto, attraverso il ponte levatoio entrano ed escono dal castello cose e persone, informazioni, pettegolezzi, dubbi e scoperte da terre lontane e favolose, che giungono per voce di mercanti e prostitute e monaci e viandanti, lasciandoci al momento del congedo in una condizione differente. Il ponte aperto è insomma una funzione del verbo dipendere, mostrando la dipendenza della vita dalla variabilità capricciosa dei destini, ma anche da leggi che filtrano dai minimi varchi dei saperi umani, i quali devono dunque essere considerati solo ipotesi provvisorie di lavoro (“falsificabili”, come direbbe un altro celebre filosofo).
La lettura, da cui la cultura, in altri casi - ponte sollevato - può però restringere la disponibilità a essere sorpresi e intaccati dall'accadere di nuovi eventi (sono eventi cognitivi anche le conoscenze), trasformando le nostre umanissime inclinazioni in un sistema astratto e bloccato, che ci radica nel pregiudizio invece di dischiudere alle possibilità.
Credo che Pasolini pensasse proprio a questo effetto normalizzante della conoscenza acquisita attraverso i libri – lui la chiamava cultura borghese, anche se la definizione potrebbe essere tranquillamente estesa ad altre culture –  quando, nemmeno troppo provocatoriamente, propose dalle pagine del Corriere della Sera la riduzione dell’età scolare: meno studi e più sei libero, in soldoni.
Ma libero non di fare, non era così ingenuo, e piuttosto di essere attraversato dai venti imprevisti e furiosi dell’esistenza, lasciando aperto il ponte levatoio alle emozioni e agli impulsi sessuali, che ritrovava ormai solo nella vitalità ruspante e ingorda del sottoproletariato romano (poi cambiò idea, ma questa è un’altra storia).
Se dunque la cultura non è più il farmaco miracoloso (troppi effetti collaterali) per curare la nostra innata smania di certezze e prestigio, a chi dobbiamo rivolgerci per esser diversi e migliori  – per trasumanare, direbbe uno che ha letto molto –, o anche solo per tirar sera in un modo appena un poco più decente del Grande Fratello Vip?
E me lo chiedete pure: dipende…

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