giovedì 13 gennaio 2022

Politically correct e pandemia, o sui labili confini tra statistica e pregiudizio



Non mi stupisce la nutrita presenza di persone che provengono da una cultura libertaria, diciamo pure da quella sinistra che Pannella definiva “antropologica” – termine che preferisco di gran lunga al consunto radical chic – nella schiera dei no vax. Ciò che fa difetto in tale visione del mondo è una sorta di zoom ottico, in cui risalta il dettaglio ma viene escluso il campo lungo, il panorama; un insieme complesso che per limiti oculari può essere colto solo dalla statistica. In fondo il politically correct è frutto di tale sguardo ravvicinato; ma facciamo un esempio, così che divenga più chiaro.

Africa. Un concetto, prima ancora che un'area geografica, troppo ampio per poter fare di ogni erba un fascio, magari quello che riduce tutto al colore della pelle e saluta romanamente. Ognuno ricerca così le differenze nei campi a cui è più sensibile. Per le forze dell'ordine saranno le persone giunte nel nostro Paese dalla Nigeria a generare, su base percentuale, più problemi di ordine pubblico di quelle provenienti dal Senegal, al punto che nei controlli di routine si mostrano maggiormente concessive verso quest’ultime; e i nigeriani, che saranno forse più carognetta ma non più scemi, quando fermati senza documenti si dichiarano senegalesi. Lo stesso per alcuni reati odiosi nei confronti delle donne, che non si verificano con un’uguale incidenza (di nuovo statistica) tra comunità con provenienza diversa.

Certo, ciò non ci autorizza – MAI! – ad affermare che, mettiamo, un rumeno o un marocchino è più versato al crimine; ma negando il nesso tra comportamenti individuali e sostrato sociale e culturale di appartenenza, si alimenta il consenso alle destre; le quali da tale nesso balzano a un’equivalenza meccanica e universale (rumeni e marocchini uguale stupratori), e cioè al razzismo.

Ma vediamo ora come si replica lo stesso schema in rapporto alla pandemia. Ormai l’abbiamo capito, anche una persona trivaccinata può contagiarsi e contagiare, e però in percentuali significativamente ridotte; con calcoli un po’ complessi, si è arrivati a un rapporto di uno a dodici. Eppure l’argomentare di molti si concentra ancora su questo aspetto: pure i vaccinati contagiano e finiscono in terapia intensiva, che sarebbe come dire che ci sono anche senegalesi stronzi, rumeni a cui non piacciono le donne, marocchini più buoni di Lupo de Lupis e così via. Cosa che per inciso è verissima, non ha senso il concetto di rumeni, di senegalesi, marocchini e neppure di italiani nel focalizzarci su una persona, che rappresenta un’irriducibile singolarità.

Quando la nostra unica bussola orientativa è però rappresentata dalla statistica – ed è questo il modo di ragionare degli investigatori, oppure degli epidemiologi – anche quei nessi semplificati e rozzi diventano importanti, e possono salvare molte vite; vite uniche e irripetibili e non soggette a generalizzazioni, come lo è ogni vita. Convivere con la complessità significa ammettere la possibilità di essere derubati da un senegalese e contagiati da una persona vaccinata. Ma il buon senso ci invita a sfuggire l’incremento del rischio, per quanto a questo modo finiamo involontariamente con l'alimentare il pregiudizio.

1 commento:

  1. Se frequentassi solo musulmani fanatici trivaccinati, in caso di stupro potrei essere contagiato più facilmente?

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