giovedì 14 ottobre 2021

Il riconoscimento politico del fascismo, una risposta ad Andrea Di Consoli


Lo scrittore Andrea Di Consoli ha scritto un post su Facebook in cui si dichiara contrario allo scioglimento di Forza Nuova. In realtà non fa espressamente il nome della formazione neofascista, ma l’attualità politica lo suggerisce senza ombra di equivoco. Nello stesso testo, argomentato con equilibrio e nessun tono polemico – glielo riconosco volentieri come merito –, passa quindi dal particolare all’universale, assumendo che lo statuto pubblico di partito o movimento funziona da argine a eventuali tentazioni eversive, conducendo il sentire in esso coagulato al sicuro approdo della dialettica democratica. Ciò lo porta a concludere che fu un errore anche la messa al bando costituzionale del Partito Fascista Repubblicano.

Il ragionamento non è del tutto eccentrico (nelle tenebre prepolitiche si trama più facilmente che alla luce del sole), per quanto, in prima battuta, già gli si potrebbe obiettare: dunque sfasciare la sede della CGIL non è da considerarsi un gesto eversivo? Allo stesso modo il maggior rappresentante delle istituzioni statunitensi, Donald Trump, ha innescato le derive violente di Capitol Hill, così come la Notte dei cristalli fu orchestrata da un movimento politico alla guida della Germania quale conseguenza di regolare suffragio, che consegnò a Hitler un'ampia maggioranza relativa (43,9% dei voti, per un'affluenza del 71,6). Ed è questa un’ombra che può ripresentarsi – e si è ripresentata – a ogni occasione, almeno quando la democrazia si traduca in mero computo dei consensi, braccio di ferro tra istanze alternative nella gestione pratica della vita associata.

Ho appena usato il termine ombra, altre e più precise definizioni non mi vengono in mente. In questo gioco di chiaroscuri meglio di me si è espresso Karl Popper, che con i suoi testi filosofici articola quella che mi appare la risposta più convincente ad Andrea Di Consoli; e fatto salvo che nessuno pretendeva che quest'ultimo risolvesse una questione annosa con un intervento sui social network, per quanto le sue parole vanno contrastate con fermezza.

Anche Popper, come Di Consoli, pensava che una società democratica dovesse essere aperta al dissenso, integrandolo in forme visibili con cui ci si possa confrontare in forza dell’argomentazione. Ma qualora questa disposizione porti al formarsi di movimenti che ne pervertono la natura, teorizzando la revoca dei diritti e delle libertà personali e collettive, a sua volta, la società aperta auspicata dal filosofo, deve sapersi richiudere. Di più: blindare a propria tutela.

Può apparire a prima vista un paradosso, ma a ben vedere è un gesto di estrema coerenza: limito tutto ciò che ha nel limite la sua premessa ideologica, già che se non lo facessi finirei con l'essere a mia volta limitato – da una presunta superiorità razziale, religiosa, di genere ecc.; o semplicemente perché c'è chi si diverte a vedere gli effetti dell'olio di ricino. Per farlo mi avvalgo di tutte le possibilità che il potere democratico mi consegna, tra cui la chiusura forzata di un movimento politico di tal sorta.

Lo schema del ragionamento di Di Consoli va dunque ribaltato. Non è vero che l’emersione di un sentire antidemocratico attraverso lo status politico ci tutela da quelle idee, ma ne rende al contrario la realizzazione ancora più incombente. Parlando in linea puramente teorica e, spero, assurda, chi può infatti escludere che Forza Nuova possa diventare il partito di maggioranza in Italia? Il fascismo, la cui rappresentanza Di Consoli vorrebbe reintegrare, ebbe un ampio consenso popolare. E democraticamente cancellò infine la democrazia.

Se noi accettiamo la presenza di Forza Nuova come legittima e riconosciuta espressione di un pensiero altro, dobbiamo insieme accettare la remota eventualità di essere governati dai suoi capoccia, che dalla curva di qualche stadio (sempre che il Daspo non li escluda anche da lì) si trasferirebbero a Palazzo Chigi, con tanto di bandiere e trombette e spranghe. Ma quell’eventualità coinciderebbe con la fine della società aperta, che per questo, fintanto che è nelle condizioni di farlo, deve preventivamente escludere i suoi nemici, confinandoli oltre al limes in cui il pensiero può trovare pubblica rappresentanza. E cioè, tra gli altri, il fascismo, neo o vetero che sia.

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