domenica 23 agosto 2015

Una partita di tennis



Una partita di tennis? Sì, sembra essere proprio una partita di tennis. Un doppio, per la precisione. Due coppie di giocatori – i pantaloncini corti e attillati sopra le cosce muscolose e scattanti, le polo bianche e senza scritte come negli anni cinquanta – due giovani coppie maschili si contrappongono agli estremi opposti del campo. Che però ha una particolarità: non è in piano. E non di un soffio, appena appena. Questo campo da tennis è incredibilmente ripido, l'angolo di pendenza di almeno trenta gradi, forse qualcuno di più. Ma non è giusto, così la coppia a monte gode di un evidente vantaggio! Forse a compensazione dell’handicap, deve essere certamente per tale motivo, il campo non è diviso da una sola rete posizionata alla metà esatta del lato più lungo, ma scopriamo con una certa sorpesa la presenza di una seconda rete. E dunque un campo da tennis, terra rossa o erba non è ancora chiaro, un campo da tennis costruito su un pendio scosceso, con due reti disposte parallelamente in prossimità della linea ideale del centro, a circa un metro e mezzo di distanza l’una dell’altra. La prima rete, quella a valle, è collocata a un’altezza maggiore dell’altra di circa trenta centimetri, più alta anche considerando la sfasatura causata dalla pendenza. In effetti non sono certo che ciò si rifletta in un guadagno significativo per la coppia sottostante: bisognerebbe fare degli studi sulle traiettorie arcuate delle palline, l'incidenza maliziosa della gravità, conoscendo le equazioni matematiche della balistica, a elaborare modelli verificabili e certi. Ma così a occhio sembra che la compensazione abbia un senso. E però quale senso... cosa significa questo strano gioco… sarà forse una metafora? Già, deve trattarsi di una metafora, che non risolve i nostri interrogativi. Una metafora di cosa, intanto? E chi è il soggetto della rappresentazione, cosa ci vuole comunicare, quali oscuri enigmi, simboli, allusioni cifrate si celano sotto agli astrusi congegni geometrici che chiamiamo gioco? Ma soprattutto: come è finita la partita? Domande. A cui purtroppo non so rispondere, mi dispiace. Solo il tempo di smorzare il cicalino incalzante della sveglia, stropicciarmi un poco gli occhi, gli arti anchilosati da stirare accompagnando il gesto con un lungo placido sbadiglio. Quindi appuntare il nuovo sogno sul taccuino.

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