lunedì 6 maggio 2013

Seghe mentali, o sull’autoerotismo come fattore politico



Seghe mentali. Bisognerebbe forse rifletterci, sulla diffusione virale di questa espressione. Fino a qualche tempo fa le cose non stavano certamente allo stesso modo. Direi che anche qui, gli anni ottanta, dischiusi già a partire da quel formidabile apripista che fu John Travolta nella Febbre del sabato sera, rappresentano un punto di discrimine. Prima esisteva una specie di deferenza, per non dire subalternità culturale, verso l’esercizio consapevole e strutturato del pensiero. Che era poi ciò che faceva esclamare mio nonno con ammirazione, di fronte a un ospite particolarmente forbito a Porta a Porta: “Quel lì se vet che l’ha studiat!"

Ma facciamo un piccolo passo indietro. Nel decennio precedente il merito riconosciuto alla cultura raggiunse probabilmente il suo apice, virandola in parodia di se stessa. Pensiamo, ad esempio, alle tortuose formulazioni ideologiche della rivolta studentesca. Una stagione ipercerebrale che si riflette nello specchio deformante dei comunicati delle Brigate Rosse, in cui la concettualizzazione, già malandata, è portata ai limiti estremi e lugubri del non senso. Raggiunto il culmine dell'oscillazione, il pendolo della storia ha però bruscamente invertito di rotta, e ora si trova come bloccato all'estremo opposto. Un luogo in cui ogni sforzo mentale viene irriso, la comprensione dissuasa e vanificata.

Mi è capitato anche ieri. Incontrando un amico in compagnia della sua fidanzata, partendo da un discorso occasionale si è giunti al concetto di “non-luogo”, fortunato conio dell’antropologo francese Marc Augè, prima di inflazionare sul paginone centrale di Repubblica. A entrambi la definizione risultava però del tutto sconosciuta. Ma invece di provare interesse e curiosità per la novità appena sfiorata, lei ha sbrigativamente liquidato il tutto – il celebre studioso e il suo pensiero, il pupo con l’acqua sporca – per mezzo della solita espressione. Seghe mentali.

La prima domanda è dunque di natura linguistica: cosa intende metaforicamente significare, chi pronuncia questa frase, attraverso un giudizio sarcastico che non concede alcuna replica all'interlocutore e si accompagna in genere con un sorrisetto sghembo?

Certo, la prima risposta che ci viene è la più ovvia: una sega mentale corrisponde al gesto autoriferito del pensiero che produce piacere, narcisistico, ma non feconda la realtà, in quanto non insinua il seme attivo della trasformazione. “Fino ad ora la filosofia si è occupata di interpretare il mondo”, apostrofava Marx da sotto la lunga barba grigia, “ora è giunto il momento di cambiarlo”.

Eppure, se portiamo il ragionamento a un grado successivo – ciò che per la fidanzata del mio amico sarebbe forse già una sega mentale… – ci accorgiamo che anche nel rifiuto sdegnoso di ogni pensiero articolato si annida il medesimo vizio onanistico. Quel che viene assegnato all'espressione, verbale o scritta poco importa, è infatti una mera funzione di intrattenimento, quando non addirittura di ornamento.

Nella lunga stagione che si consacra definitivamente con l’implosione del sistema sovietico, si è insomma andata smarrendo non solo la fiducia che il pensiero possa essere un mezzo, rubricandolo a prassi edonistica di una ristretta categoria di persone (gli intellettuali), ma è andata perduta anche la tensione vitale verso un fine, che nella visione occidentale del tempo ha coinciso con la rigenerazione dei rapporti: storici, umani, economici e produttivi. Insomma, della politica.

Ed è così che scopriamo che i due termini sono comunicanti come vasi. Se non manteniamo aperta, almeno nella forma del possibile, la speranza che il pensiero filtrato dalla parola possa tornare a essere uno strumento positivo di trasformazione, assieme al termine cultura implode anche quello di politica, intesa come convinzione che il linguaggio possa agire sul mondo.

Il collasso politico di cui il berlusconismo è forse solo il riflesso, io me lo spiego anche in questo modo. Attraverso la diffusa opinione che non sia più data un’azione efficiente sulle cose, se non nella forma ludica del corpo. Lo sport oppure il sesso, ad esempio, che diviene intransitivo anche quando non masturbatorio, o di quella sua estensione rapace che è l'accumulazione capitalistica e la distrazione tecnologica. Valori che si condensano nel capannone (naturalmente condonato) gremito di attrezzi, o nelle maniche da rimboccarsi in ossequio alla mitologia padana del fare. Ma anche nei bassi che pompano in circolare processione dal rave party di Ibiza.

Tutto il resto – pensiero critico, riflessione analitica, sforzo interpretativo e slancio estetico e razionale – nella migliore delle ipotesi sono una copula tra gente che ha buon tempo. E nella peggiore, seghe mentali.

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