martedì 16 aprile 2013

Il Comandante e il Campione, o sull’abito che non fa il monaco, ma continua a fare il cardinale



Una buona fotografia somiglia a una carta stradale. Nell’intrico tortuoso delle vie, alcune sono segnate con maggior enfasi grafica: in rosso, in verde o grassettate per meglio spiccare allo sguardo. La molteplicità delle variabili di percorso non viene però cancellata; alcuni tragitti, semplicemente, risultano più raccomandabili. E sono percorsi interpretativi, ovviamente. Quando una cattiva immagine sarà allora riconsegnata all’estro momentaneo dell’interprete, con le strade, i vicoli, le mulattiere che tornano a sovrapporsi disordinati, come bisce dentro a una cesta.
Questa è senza dubbio una buona fotografia. L’autore dello scatto ci prende per mano e conduce per le autostrade affollate del senso, in cui il paesaggio che vediamo scorrere dal finestrino ci parla di amicizia, di fama e successo e perfino di gloria; ma su tutto ciò continua a prevalere il senso ultimo della lealtà: alle persone, ma soprattutto alle idee. E dunque si parla anche di tempo, ma lo si dice tacendo, come in tutte le buone foto. Del tempo e del suo declinare.
Una gita turistica che però abbiamo fatto già troppo volte, conosciamo a menadito il percorso. Passeremmo dunque immediatamente a un nuovo viaggio se, tra le stradine secondarie, non scorgessimo un dettaglio che fa correre il nostro sguardo più lontano. Ma come abbiamo fatto a non vederlo subito!, ci diciamo picchiando con la mano sulla fronte.
Eppure non si tratta di una sola minuscola corsia, sono tre, ben tre come le strisce in bell'evidenza sulla tuta azzurra del vecchio Comandante. Sì, Fidel Castro, mentre stringe calorosamente la mano all’amico Campione, indossa una tuta che appartiene a un celebre brand, di cui le tre linee parallele sono l’inequivocabile segno di riconoscimento.
E stiamo ovviamente parlando della Adidas, fondata in Baviera da Adolf Dassler, anno 1948, Bartali vince il suo secondo Tour de France e Truman batte Dewey alle presidenziali americane, mentre la DC si fa lanciare la volata dai parroci di paese e dilaga nel primo parlamento repubblicano con il 49% dei voti, con le piazze che insorgono dopo l'attentato a Togliatti. Troppa carne al fuoco perché il riflettore della storia si accorgesse del lumino acceso dalla Adidas, a rischiarare le macerie ancora tiepide della guerra.
Ma già da prima le scarpe dei fratelli Dassler – dopo essersi divisi, Rudolf fondò la Puma – avevano accompagnato le lunghe falcate di Jesse Owens nelle Olimpiadi di Berlino del 1936. Nonostante le mai celate simpatie naziste di famiglia, l’Adidas ha però sempre restituito un piacere che potremmo definire orizzontale: la rassicurante sensazione di quelle tre linee che ci invadono il corpo, come la tessera di un club dove l’impersonalità dell’abito è la condizione di ciascuno. E però proprio per questo, ciascuno è anche tutti. La forza di tutti in ciascuno.
In fondo, è la miglior sintesi dell’utopia comunista del Nuovo Mondo: confondersi tra gli altri, godere della pienezza diffusa e laica dell’umano, in cui non esistono vertici ma solo gli infinti nodi che saldando il tessuto, la trama con lo stesso valore dell’ordito. Eppure, se proseguiamo su quei tre sentieri che accompagnano il corpo stanco e acciaccato del grande vecchio, approdiamo a uno stemma che non è quello solito della Adidas, e sopra a cui è scritta una sola parolina di sei lettere: Castro, leggiamo. Castro come il cognome di chi indossa la divisa della nuova impersonalità al potere. Come a dire che tutti quelli che vestono Adidas sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri…

2 commenti:

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  2. E se la maglietta donata all'ex lider maximo fosse un tarocco cinese fatto a Prato e acquistato dall'ex pibe de oro, strada facendo? I significanti sarebbero sempre gli stessi, ma i significati?

    Questa possibilità di "interpretare" in modo coerente (intendo "con coerenza interna delle asserzioni e della loro connessione") sulla base dei segni (o di ciò che riteniamo essere segno di qualcosa), ma al di là delle conoscenza effettiva dei dettagli (che, come si sa, sono l'abitacolo del diavolo) mi affascina e mi inquieta al tempo stesso. In breve: i segni tracciati in quella fotografia potrebbero significare tutto quel che hai detto tu, e ancor di più. Ma potrebbero pure significare nulla di tutto ciò, perché il Fidel ha preso il primo straccio che gli è capitato sottomano e se lo è infilato addosso. E non sappiamo come mai, tra i vari stracci, ci fosse pure quello.

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