Una buona fotografia somiglia a una carta stradale. Nell’intrico tortuoso delle vie, alcune sono segnate con maggior enfasi
grafica: in rosso, in verde o grassettate per meglio spiccare allo sguardo. La molteplicità delle variabili di percorso non viene però cancellata; alcuni
tragitti, semplicemente, risultano più raccomandabili. E sono
percorsi interpretativi, ovviamente. Quando una cattiva immagine sarà allora riconsegnata all’estro momentaneo dell’interprete, con le strade, i vicoli, le
mulattiere che tornano a sovrapporsi disordinati, come bisce dentro a una cesta.
Questa è senza dubbio una buona fotografia.
L’autore dello scatto ci prende per mano e conduce per le autostrade affollate del
senso, in cui il paesaggio che vediamo scorrere dal finestrino ci parla di amicizia,
di fama e successo e perfino di gloria; ma su tutto ciò continua a prevalere
il senso ultimo della lealtà: alle persone, ma soprattutto alle idee. E dunque
si parla anche di tempo, ma lo si dice tacendo, come in tutte le buone foto. Del tempo e del
suo declinare.
Una gita turistica che però abbiamo fatto già troppo volte,
conosciamo a menadito il percorso. Passeremmo dunque immediatamente a un nuovo
viaggio se, tra le stradine secondarie, non scorgessimo un dettaglio che fa
correre il nostro sguardo più lontano. Ma come abbiamo fatto a non vederlo
subito!, ci diciamo picchiando con la mano sulla fronte.
Eppure non si tratta di una sola minuscola corsia, sono tre,
ben tre come le strisce in bell'evidenza sulla tuta azzurra del vecchio Comandante. Sì,
Fidel Castro, mentre stringe calorosamente la mano all’amico Campione, indossa
una tuta che appartiene a un celebre brand, di cui le tre linee parallele sono l’inequivocabile segno di
riconoscimento.
E stiamo ovviamente parlando della Adidas, fondata in Baviera da Adolf Dassler, anno 1948, Bartali vince il suo secondo Tour de
France e Truman batte Dewey alle presidenziali americane, mentre la DC si fa lanciare la volata dai parroci di paese e dilaga nel primo parlamento repubblicano con il 49% dei voti, con le piazze che insorgono dopo l'attentato a Togliatti. Troppa carne al fuoco perché il riflettore della storia si accorgesse del lumino acceso dalla
Adidas, a rischiarare le macerie ancora tiepide della guerra.
Ma già da prima le scarpe
dei fratelli Dassler – dopo essersi divisi, Rudolf fondò la Puma – avevano
accompagnato le lunghe falcate di Jesse Owens nelle Olimpiadi di Berlino del
1936. Nonostante le mai celate simpatie naziste di famiglia, l’Adidas ha però sempre
restituito un piacere che potremmo definire orizzontale: la rassicurante
sensazione di quelle tre linee che ci invadono il corpo, come la tessera di un
club dove l’impersonalità dell’abito è la condizione di ciascuno. E però proprio
per questo, ciascuno è anche tutti. La forza di tutti in ciascuno.
In fondo, è la miglior sintesi dell’utopia comunista del
Nuovo Mondo: confondersi tra gli altri, godere della pienezza diffusa e
laica dell’umano, in cui non esistono vertici ma solo gli infinti nodi che
saldando il tessuto, la trama con lo stesso valore dell’ordito. Eppure, se
proseguiamo su quei tre sentieri che accompagnano il corpo stanco e acciaccato
del grande vecchio, approdiamo a uno stemma che non è quello solito della
Adidas, e sopra a cui è scritta una sola parolina di sei lettere: Castro,
leggiamo. Castro come il cognome di chi indossa la divisa della nuova
impersonalità al potere. Come a dire che tutti quelli che vestono Adidas sono
uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri…
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E se la maglietta donata all'ex lider maximo fosse un tarocco cinese fatto a Prato e acquistato dall'ex pibe de oro, strada facendo? I significanti sarebbero sempre gli stessi, ma i significati?
RispondiEliminaQuesta possibilità di "interpretare" in modo coerente (intendo "con coerenza interna delle asserzioni e della loro connessione") sulla base dei segni (o di ciò che riteniamo essere segno di qualcosa), ma al di là delle conoscenza effettiva dei dettagli (che, come si sa, sono l'abitacolo del diavolo) mi affascina e mi inquieta al tempo stesso. In breve: i segni tracciati in quella fotografia potrebbero significare tutto quel che hai detto tu, e ancor di più. Ma potrebbero pure significare nulla di tutto ciò, perché il Fidel ha preso il primo straccio che gli è capitato sottomano e se lo è infilato addosso. E non sappiamo come mai, tra i vari stracci, ci fosse pure quello.