domenica 2 ottobre 2022

Brava Rula!


Premessa. Rula Jebreal dice a volte cose che condivido, ma in altre occasioni mi appare scontare più di un pregiudizio ideologico, ponendosi con astio preventivo nei confronti degli interlocutori. Pregiudizio che cercherò di evitare nel commentare le sue recenti parole su Giorgia Meloni, che hanno già sollevato una quantità di polemiche.

Analizziamo la frase, pubblicata su Tweeter, nel dettaglio, stando a ciò che scrive e provando per un momento a scordare quel che sappiamo di lei. Il migliore aiuto ci viene dalla linguistica, con cui penetrare il seguente testo: "La Meloni non è colpevole dei crimini commessi da suo padre, ma spesso sfrutta i reati commessi da alcuni stranieri per criminalizzare tutti gli immigrati, descrivendoli minaccia alla sicurezza. In una democrazia ci sono responsabilità individuali, NON colpe/punizioni collettive".

Il fatto che Jebreal si riferisca, in forma implicita, al reato di spaccio di stupefacenti per cui il padre di Giorgia Meloni, Francesco, con cui lei non ha più rapporti, è stato condannato ventisette anni fa, potrebbe essere inteso come ciò che nella retorica classica viene chiamato argomentum ad hominem: screditare la persona per colpire le sue idee. Che è quanto le viene rimproverato dai detrattori, tra cui Calenda e Giuseppe Conte, che subito si sono precipitati a dichiarare la loro solidarietà a Giorgia Meloni.

L'argomentun ad hominem, per assumere la forma di un indice colpevolizzante, si deve però in questo caso appoggiare a un' altra figura della retorica classica, quella della metonimia. Si tratta di uno scambio, uno scambio di nome ci dice l'etimologia greca del termine (metōnymía), o più in generale uno slittamento semantico, con le colpe dei padri che vengono trasferite ai figli ("perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione" viene scritto in Esodo 20-5, e a parlare è quel Dio a cui si appella Meloni nei comizi).

Ma leggiamo bene il suo testo: è esattamente ciò che Jebreal denuncia, non pratica. Lo strumento retorico di Jebreal è infatti quello del paragone, a indicare la falla presente in questo modo di argomentare. Attenzione, ci dice, a spostare le colpe di un extracomunitario (la famigerata mela marcia) su tutti gli extracomunitari, perché seguendo lo stesso procedimento difettoso finiamo con l'essere colpevolizzati per le colpe commesse dai nostri genitori.

Una democrazia matura però non funziona a questo modo, e tale confusione linguistica, in effetti, è stata utilizzata di frequente nei proclami demagogici di Giorgia Meloni, che ora rischia di vedersela rivolgere contro. E così Jebreal, per un paradosso sfuggito ai più, preventivamente la difende dall'equivoco, forse perché ha troppe volte sperimentato sulla propria pelle la sineddoche (una forma particolare di spostamento, in cui la parte sta in luogo del tutto) per cui qualche donna bella e scema dovrebbe rendere sceme tutte le donne belle; e che Rula Jebreal sia una delle donne più belle del mondo mi appare una costatazione oggettiva, non un'insinuazione sessista.

Ed è così che la bella e intelligente Jebreal invita l'altrettanto bella e intelligente Meloni a distinguere tra responsabilità personali e responsabilità collettive. E dunque brava Rula, la logica, oltre che l'estetica, questa volta sono dalla tua parte!

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