mercoledì 24 luglio 2019

Il comunismo possibile, o sulla finzione


Il comunismo non è sbagliato, è finto. Provo a spiegarmi.
Io trovo che siano piuttosto accurate, oltre che attuali, moderne come un classico che non smette di parlarci anche se abbiamo le Nike al posto delle galosce, le analisi sulla struttura economica fatte da Marx. Inoltre, l’istanza etica che le muove è quanto di più simile al concetto di giustizia, almeno all’interno del misero menu politico che oggi si offre; due primi e due secondi, come nei ristoranti per camionisti.
Nonostante la virtù teorica che gli riconosco, c’è però qualcosa al suo interno, un’eco, o forse l’odore che ricorda quello dei poveri, non è una puzza e lo senti anche quando vincono la lotteria. Adesso possono finalmente acquistare le migliori eau de toilette francesi! Ma niente da fare, ti sfiorano, li sfiori, forse è l’odore che possiedi pure tu. Ed è impossibile da coprire, da estirpare a suon di spruzzetti profumati, pomate anti aging. Così l’odore del comunismo.
Per questo mi viene da concludere che il comunismo non è sbagliato ma è finto. Me ne accorgo, a ritroso, puntando un cannocchiale capovolto sulla storia, anno 1976.
Era il 21 giugno, una domenica che immagino soleggiata e calda, a cui è seguito il lunedì successivo dello stesso anno, giorni di elezioni. Si trattava delle più importanti, le politiche, in cui il PCI raggiunse il suo massimo storico: 34,37%. In pratica, una persona su tre era, o si diceva, comunista. 
Se ci pensiamo bene, non è così importante che la DC avesse superato quel dato percentuale, raggiungendo un 38,71% che premiava ancora una volta la cautela, Gladio, le prebende di Gerald Ford e le rate per acquistare la Fiat 128 rally, oltre a qualche stragetta qua e là. Non è importante perché quella sconfitta, oplà, una rapida piroetta, avrebbe potuto trasformarsi nella tanto auspicata vittoria del Lumpenproletariat. E ciò a partire da una semplice domanda: cos'è il comunismo? 
Collettivizzazione dei mezzi di produzione e di scambio, ci risponderebbe lo stesso Marx. Bene, sarebbe stato sufficiente che quel terzo di popolazione, come era avvenuto quasi settant'anni prima nei kibbutz fondati nella Palestina ottomana e, quindi, sotto il mandato inglese delle Nazioni Unite, condividesse le proprie risorse, attuando una sorta di collettivizzazione spontanea.
Non è complicato: sei comunista e hai due mucche? Bene, ne offri una a un altro comunista, un compagno che non possiede nessuna mucca, e così per tutto il resto. Un livellamento spontaneo delle risorse tra chi partecipa del medesimo orizzonte finale. Il comunismo, appunto. 
L'idea è vagamente naif, ma, nel 1976, sarebbe stata perfettamente realizzabile. Quel 34% è come si dice una soglia critica, e avrebbe prodotto effetti a catena sull'intera società italiana. Che sarebbe divenuta, giorno dopo giorno e senza rivoluzioni, comunista. 
Peccato che non sia venuta in mente a nessuno. E ciò perché il comunismo è finto, o più precisamente una postura sentimentale di derivazione cattolica – la mano che deposita l'obolo nel sacchettino floscio del sagrestano –, ma al fondo ancora cela l'homo homini lupus, nella forma di una disposizione egoistica molto difficile da estirpare. Antropologia, insomma, non politica.
Facendo un traslato psicanalitico, il comunismo corrisponde al Super Io freudiano (come l'uomo dovrebbe essere per la legge morale) mentre il liberalismo all'Es (come l'uomo realmente è, e si manifesta nei suoi impulsi profondi). Tra i due si barcamena l'io cosciente, che pensa di essere buono ma è in realtà un po' stronzo. Non tanto, solo un po'.
Ma l'umanità non è immutabile, è un prodotto storico come ogni altra cosa. Il giorno in cui cambiasse l'uomo – tra mille, duemila, forse cinquemila anni... – potremmo sperare di vedere attuato il vero comunismo. Che non è quello sovietico, con i colbacchi di marmotta e i baci sulla bocca tra maschi, oppure i sigari cubani del lider maximo; nemmeno il neo-comunismo cinese che viaggia al ritmo dei suoi smartphone scattanti, i sorrisini compunti. Il vero comunismo è coincidenza tra parola e intenzione, prima ancora che tra parola e fatti.
Per ora teniamoci stretti Salvini, Di Maio, Renzi e Berlusconi. Già che, con le loro brame, sono lo specchio che più ci rassomiglia, a cui domandare ogni mattina chi è il più stronzo del reame.

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