mercoledì 25 luglio 2018

We are all fake, o sull'impossibile verità


Il 24 luglio Oksana Shachko è stata ritrovata senza vita nel suo appartamento di Parigi. Suicidio, ogni indizio sembra confermare. Aveva 31 anni ed era una delle fondatrici del movimento femminista delle Femen, da cui si era allontanata negli ultimi anni per dedicarsi interamente all’arte, dopo aver raggiunto la capitale francese.
“Era la più coraggiosa e più vulnerabile del gruppo” ha dichiarato Anna Hustol, un altro membro del collettivo femminile nato in Ucraina nel 2008, per estendersi poi al resto del mondo.
Probabilmente era anche la più bella – lineamenti sottili, carnagione chiarissima, capelli lisci, lunghi, scuri, a incorniciare occhi azzurri e affilati –, ma questa nota estetica non l’avrebbe quasi certamente gradita, considerando lo sguardo sul corpo femminile un residuo della menzogna patriarcale, da cui la nostra società è ancora afflitta.
Prima di morire ha scritto un messaggio. “You are all fake”. Siete tutti fasulli, delle caricature della verità.
Guardo le fotografie che la ritraggono. Il più delle volte sono a seno nudo, la pelle invasa da scritte che inneggiano all’autonomia e alla dignità delle donne, nel tentativo (mediaticamente riuscito) di trasformare il suo corpo da oggetto del desiderio maschile a soggetto di un discorso personale. Eppure c'è qualcosa che non quadra, sono frasi smozzicate, slogan ascoltati troppe volte e con declinante convinzione, come l'erba brucata di giorno che nella notte ritorna dall'abomaso della giovenca... 
Mi accorgo allora, in un attimo di digressione, che anche le parole gridate dal megafono della propria carne erano un fake, pura retorica funzionale alla bulimia delle news, che potevano a questo modo sbattere un paio di capezzoli rosa in prima pagina, in quell'infinito riproporsi dell’identico pubblicitario che chiamiamo informazione.
Il suo you are all fake scoccato in punto di morte, nella nostra prospettiva di interpreti di segni sempre vaghi, rabdomanti di un qualche senso da far sgorgare scavando con le mani, finisce così col suggerire la consapevolezza che non si possa essere altro che fake, la vita è un'infinita recita della verità. A quel punto molto meglio essere nulla, come già aveva concluso Carlo Michelstaedter nei primi anni del secolo scorso, togliendosi anch’esso la vita.
Possiamo quindi avvertire un’eco ancora più remota, che ci conduce tra le brume del palazzo di Otello, dove udiamo la voce di Iago dichiarare serafica: “I am not what I am”, io non sono quel che sono. Ma allora sei un falso, siete tutti falsi, il mondo è solo rappresentazione e ha ragione Oksana!
Per essere ancora tra di noi, le è dunque mancato il coraggio ulteriore e terribile di trasformare il pronome di seconda persona plurale in prima: We are all fake.
Un riconoscimento dolentissimo, come quello a cui gli alcolisti anonimi costringono i candidati – confessare davanti a tutti la propria dipendenza –, che da grido rabbioso avrebbe mutato la sua voce in sussurro sommesso e infinitamente tollerante verso il genere umano, ricalcando le parole conclusive di una delle più belle poesie di Milo de Angelis: “se ti tolgono ciò che non è tuo \ non ti rimane niente”. 
Ma lo sguardo di Oksana Shachko reclamava invece tutto, e più di tutto la verità. Per questo, dopo averci provato altre due volte negli anni scorsi, ci ha lasciati. Pace a lei e a chi le ha voluto bene.

Nessun commento:

Posta un commento