Non ho ricordi di me sul seggiolone. Ho però ricordi di mio cugino, di quattro anni più giovane di me, sul seggiolone a casa dei miei nonni, loro che in tutti modi cercano di fargli inghiottire l’omogenizzato. Il vecchio trucco del cucchiaio convertito in aeroplano, bruuumm sta arrivando un aeroplano… e il bambino spalanca la boccuccia per lo stupore, ecco il momento giusto, zac, con mio cugino Antonio aveva smesso di funzionare. Tutto sembrava fargli schifo.
Nella mia memoria quel bambino recalcitrante ha così
finito col sovrapporsi all’assenza di ricordi personali. Sono io che serro le mascelle, io che rifiuto le pappette Plasmon. Immagino che uno
psicoanalista chiamerebbe questo meccanismo proiezione, aggiungendo che senza
di essa le sale cinematografiche sarebbero vuote – in effetti vuote lo sono
diventate per davvero, ma gli areoplani-cucchiaio si sono trasferiti su
Netflix.
Saperlo non esclude l’inquietudine: come è già
successo una volta, non potrebbe ripetersi ancora? O peggio, essere l’intera
mia esistenza un simulacro, dove l’originale – l’Origine – si perde in un
infinito gioco di specchi, alla maniera di certe minacciose storielle zen...
Io non voglio essere il mio schifiltoso cugino:
simpaticissimo, intendiamoci, ma schifiltoso. Più tardi iniziò a fare alzare
mia nonna alle tre di notte per farsi preparare un piatto di risotto con lo
zafferano, e lei pronta come un soldatino. D’altronde era l’unico cibo, assieme
alla maionese, a cui si degnava di alzare la dogana delle labbra. Anche il purè, dimenticavo.
Mia madre si faceva invece vanto del fatto che ero un
bambino totalmente onnivoro. Ma pure i cavolfiori? chiedevano sospettose le
altre mamme ai giardinetti. I cavolfiori, le rape rosse, perfino rapanelli! E
alla parola rapanelli quelle alzavano bandiera bianca.
Il precoce divoratore di rapanelli, cavolfiori, rape
rosse, solo per me non è mai esistito. Posso decidere di credere a quei
racconti, ma non è la stessa cosa. Sono stato sostituito da un'idiosincratica
miniatura dei cuochi a Master Chef, che sputano sul piatto le pietanze
preparate dai concorrenti. Ma essere il rigurgito di qualcun altro, non sarà
forse la condizione umana?
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