Il fatto del giorno è l'abbandono, dopo quarantacinque secondi, del match olimpico da parte della pugile napoletana Angela Carini, la quale attribuisce la ragione a un eccesso di ormoni maschili (naturalmente) presenti nella rivale, l'algerina Imane Khelif. Per questo si è rifiutata di stringere la mano che l'altra le tendeva, secondo un antico galateo di rispetto verso l'avversario.
La maggior parte delle lingue presenta delle frasi cosiddette idiomatiche, che a volte dicono più di lambiccati discorsi. Una delle più diffuse, in italiano, è datti all’ippica. C’è chi la fa risalire al poeta Giovan Battista Marino, che nel ‘600 invitava i colleghi poco capaci a praticare l’equitazione, mentre un’altra fonte l'attribuisce al gerarca fascista Achille Starace. Certo è che viene rivolta a chi manifesta poca propensione verso l’attività in cui si cimenta.
Il pugilato è notoriamente
uno sport estremo, i pugni fanno male, il testosterone ne rappresenta solo una
variabile quantitativa. Per questo in pochi si dedicano alla boxe, e ancora
meno sono le donne: non perché siano il sesso debole, ma per cavoli loro.
Dunque che a una donna non faccia piacere ricevere pugni rientra pienamente
nella norma statistica. Ciò che trovo bizzarro è che Angela Carini non se
ne sia accorta prima, dandosi all’ippica come ha fatto la figlia di Bruce
Springsteen.
(Ps – Anche George Foreman aveva più ormoni maschili di Muhammad Alì, e le cose sono andate come sono andate. Lo sport non può basarsi sul perfetto equilibrio di forze, per quanto, talvolta, Davide batta Golia. Nella circostanza odierna Davide è scappato di fronte a Golia, e va bene anche così. La paura è un sentimento nobilissimo.)
La figlia di Bruce Springsteen si è data all'appica peraltro con jotevole successo. La pugile piagnona nostrana invece dovrebbe imparare il fair play e le regole non scritte che dovrebbero sempre sottendere una gara sportiva: tra queste c'è anche quella di darsi la mano a fine incontro.
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