venerdì 30 agosto 2024

Futuro

Nell'estate del 1974 andammo in vacanza a Rossano Calabro. Durante il viaggio, la radiolina appesa allo specchietto retrovisore oscillava come gli orsetti con la blusa delle squadre di calcio, il padre del mio amico Stefano, sulla sua Giulia coupé, ne aveva uno con la maglia del Milan. Al suono badavo poco, si trattava più che altro di telegiornali, avvisi sulla viabilità, da Gennaro a Sabrina Anima mia co’ nu vaso grande; seguivano E tu di Claudio Baglioni e Waterloo degli Abba, altre canzoni non ne ricordo; ma di notte dormivo allungato sul sedile posteriore della 128 Rally, non posso metterci la mano sul fuoco. Prima di chiudere gli occhi, osservavo il cielo dal lunotto nella speranza di scorgere un UFO; era stato sempre Stefano a dirmi che non siamo soli nell'universo, e da figlio unico l'idea di una compagnia galattica non mi dispiaceva.

Avevamo affittato l'appartamento di un parrucchiere molto grasso e molto bravo, ogni volta che mia mamma andava da lui tornava con un taglio di capelli che ricordava le annunciatrici della televisione, l'unica differenza è che la mamma non era in bianco e nero. Il parrucchiere grasso era nato a Rossano, una buona ragione per acquistare un appartamento proprio lì, se non fosse che ci andava solamente nel mese di agosto, il resto del tempo lo passava a Sondrio dove aveva aperto un salone pour dames, scritto in francese suonava meglio. Così, tra un colpo di forbici e uno di phon, con la mamma si accordarono per il mese di luglio; un bell'appartamento luminoso appena costruito, non mancava nulla tranne la televisione. Peccato, perché in quel periodo davano le repliche dell'Odissea che non avevo ancora visto.

Tutte le domeniche sera andavamo a mangiare nello stesso ristorante, si chiamava Scarface, come il film con Al Pacino che però si pronuncia scarfeis, invece Scarface si pronuncia scarface, uguale uguale. Io ordinavo mozzarella con prosciutto crudo e pomodori. Avevo capito che era un piatto in pronta consegna, le cozze alla tarantina di papà arrivavano dopo minimo mezz'ora, e appena terminato mi mettevo davanti al televisore sempre acceso nel locale, dove la domenica (per questo andavamo di domenica) veniva trasmessa una puntata dello sceneggiato televisivo con Bekim Fehmiu, nato per essere un giorno Ulisse come Maradona per giocare a calcio, e la bellissima Irene Papas ad attenderlo tessendo e disfacendo la tela, anticipata da un'annunciatrice che forse andava dallo stesso parrucchiere della mamma.

Ecco, volevo dire solo questa cosa qui. L'Odissea la conoscete, non ne riassumo la trama, e il film con Al Pacino, nel ruolo di Tony Montana, sarebbe stato girato da Brian De Palma otto anni dopo. Volevo dire che tutti quei lunedì a Rossano Calabro, a cui sarebbe seguito un martedì, un mercoledì, poi giovedì, venerdì e soprattutto un sabato, tutti quei giorni in cui dalla radiolina a transistor continuavano a uscire gli acuti dei Cugini di Campagna – ogni tanto anche la voce striata di Baglioni e i coretti degli Abba, per essere onesti –, i minuti perfino in attesa della fatidica domenica sera, ma c'erano ancora da sbrigare le formalità alimentari da Scarface, e subito dopo un cameriere che, nella memoria sbiadita, mi sembra corrispondere all'idea platonica di cameriere (giacca e camicia bianche, farfallino nero, capelli e baffetti e scarpe dello stesso colore), appena vedeva scintillare la ceramica del piatto che avevo davanti, ripulita dalla voracità dei miei otto anni e tre mesi, accorreva per spostare la pesante seggiola in legno e posizionarla davanti a un piccolo televisore Grundig, così potevo vedere meglio la nuova puntata dell'Odissea, il sorbetto di fragola con la panna lo mangiavo appoggiando la coppa di vetro sulle ginocchia, tutto questo lungo rituale di tempo è quanto di più vicino al concetto di futuro che io riesca a formulare, e a desiderare. Infine raggiungere con un sentimento che non saprei chiamare in altro modo che felicità.

Adesso vado su Netflix e posso scegliere di vedere ciò che voglio. Sì, bello, ma è come se mancasse un pezzo, l'orsetto del padre di Stefano denudato della maglia del Milan. E temo che quel pezzo si chiami proprio futuro. Non ho più un'Itaca a cui tornare la domenica successiva, né un'annunciatrice, con i capelli come la mamma, che ne certifichi l'esistenza. Quanto agli UFO, li sto ancora aspettando.

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