sabato 16 luglio 2022

Calore


Ho notato che in pochi stanno scrivendo del caldo infernale di questi giorni; lo slogan è giornalistico e consunto, ma nella circostanza viene spontaneo alle labbra. Pochi ne scrivono sui social network, intendo. Mentre nei negozi – signora mia… – non si parla d’alto.

Questa distanza tra comunità virtuale e paese reale, in cui viene mendicato uno sbuffo di aria condizionata con ogni pretesto (ho visto gente fingere interesse per una cinta erniaria, pur di entrare in un negozio di articoli medicali a trovare sollievo dalla calura), mi fa sospettare che al fondo del gesto di pubblicare qualsiasi cosa sui social, di sociale ci sia davvero poco; ammesso che col termine ancora si intenda un desiderio di inclusione. Piuttosto il suo contrario: differenziarsi, stagliarsi come la voce solista nel coro.

La ratifica della propria singolarità viene però ottenuta attraverso il riconoscimento degli altri, in questo la psicanalisi ha scritto parole definitive. Siamo così disposti a un ragionevole baratto – ti riconosco per essere riconosciuto – immaginando negli interlocutori un uguale interesse; li riconosciamo anche se in effetti non sappiamo quasi niente di loro, ma poco male quando il prezzo è rappresentato da un colpetto di mouse.

Eppure è un bisogno profondamente umano quanto quello di appartenenza, in cui non ho difficoltà a vedermi riflesso; specchio specchio delle mie brame chiedo ansioso ogni mattina quando apro Facebook, chi è il più singolare del reame? Poi conto i like ai miei interventi, e capisco che non sono io... Allora mi rimetto all’opera per verificare che un io da qualche parte ancora esista.

L'unica certezza diviene il caldo che provo, un caldo fuori misura, della madonna proprio, la carne del corpo sovrasta i pensieri, è appiccicosa alle giunture, il cane mi lecca non per affetto ma sali minerali. Un impossibile refrigerio domestico diventa più urgente di sentire pronunciare il mio nome. Arrendendomi alla nuova sensazione divento ai miei occhi un perfetto sconosciuto, che a sua volta mi guarda facendosi aria con una vecchia rivista; sulla punta del naso ha un piccolo neo, strano, in questo non mi rassomiglia. All'improvviso gli dico: "Ma che caldo fa?" E l’altro, tergendosi il neo con un fazzoletto: "Minchia, proprio caldo, l’anno scorso non era così caldo, e però nel 2003…"

Un fondersi e confondersi di sudore e luoghi comuni, a recuperare quella koinè che ridimensiona ogni slancio individuale, rende uguali nell'ansimare. Lingua umile da infermieri e badanti, più che da medici. Come nelle fotografie della terra vista dai satelliti, ci mostrano quanto è piccola e surriscaldata, una pallina da tennis ricucita alla cazzo di cane. E io e tu e tutti, nella migliore delle ipotesi siamo solo dei raccattapalle, nei sulla punta di un naso. Così simili nella smania di essere diversi. Così diversi nel trovare scuse per non ammetterlo.

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