Immagina di avere un distacco della retina ai suoi
primi sintomi, li riconosci perché già ne hai avuto uno all'altro occhio.
Immagina di andare subito da un famoso oculista che ti dice: Non è niente, stia
tranquillo. Immagina, dopo alcuni giorni, di avere sintomi ancora più
manifesti. Corri al pronto soccorso e ti senti dire da una dottoressa di
origini rumene: Si prenda una bella vacanza, glielo ha già detto il collega che
non è nulla. (In questa storia immaginaria non abbiamo pregiudizi contro
i rumeni, sia chiaro, ma è importante immaginarla rumena). Immagina quindi di
tornare dal famoso oculista – ormai sono già trascorse tre settimane, nelle quali il tuo occhio ospita i più bizzarri eventi: lampi di luce, ragnatele, ombre, puntini luminosissimi in caduta
libera, come le stelle a San Lorenzo – e sentirsi questa volta dire: Lei ha
una lacerazione della retina a ore due, deve fare immediatamente il laser. Le
scrivo l’impegnativa con la richiesta di procedura d’urgenza. Immagina di presentarti di nuovo al pronto soccorso, e ritrovare la dottoressa di origini rumene. Ti
riconosce. Ma non doveva essere in vacanza? No, legga qui. D'accordo, aspetti.
Dopo mezz'ora arriva un medico sui settant'anni, sembra avere qualcosa di
strano: voce impastata, andatura a tratti incerta a tratti scattosa, ricorda
certi miei amici del Bar Piero – se non conosci il Bar Piero, immagina pure
qualsiasi altro bar. Continua a immaginare l'uomo del Bar Piero (o di qualsiasi
altro bar) armeggiare con l'apparecchio laser. Suda, sudate entrambi, nel
locale ci sono 32 gradi, il reparto di oculistica non ha l'aria condizionata. Immagina
ora che un'infermiera ti riconosca. Troviamole un nome, ecco, fingiamo si chiami Lucia, come la santa protettrice
degli occhi, la figlia è stata alunna di tua madre. Lucia fa segno di volerti parlare. No, non qui. La segui e, fatti pochi passi, si ferma all'improvviso, ti posa una mano sulla spalla. Scappa, scappa! dice con un volume di voce bassissimo, quasi un sussurro. Non ti sei accorto che
è ubriaco? Ogni tanto succede, viene al lavoro in questo stato. Che fai, la
prendi in parola? Ci pensano le cose a cavare le castagne dal fuoco. Il medico alza le mani alla maniera di un soldato che si arrende, o più verosimilmente di un bambino che subisce toppa a nascondino. Non riesco
a fare funzionare il laser aggiunge con la sua voce biascicata,
aspettiamo la mia collega, che è poi sempre la rumena andata nei poliambulatori a operare. Va be', aspettiamola in corridoio, sempre 32 gradi. Quando
ritorna dopo tre ore ti comunica sbrigativamente: L'apparecchio è rotto. E io
ora cosa faccio? Boh, veda lei – no, forse non ha usato il verbo vedere, ma il
senso è quello. Fortuna che conosci il manutentore degli apparecchi medicali,
stiamo sempre immaginando, stiamo sempre parlando dell'ospedale di una piccola
città di provincia, mettiamo Sondrio. Gli telefoni la sera e ti risponde che Sì, in effetti oggi abbiamo avuto segnalazione di un guasto Ma a un controllo il laser funzionava perfettamente, quei due idioti (ndr: la
rumena e l'ubriaco) non riuscivano a fare un normale settaggio operativo, roba
che te la spiegano il primo giorno che entri in oculistica. Dai, uno non era
idiota avresti voglia di ribattere, aveva solo alzato un po' il gomito. Ma dalla
bocca ti esce solo: Ah. Il giorno dopo ti fai portare da un altro amico
all'ospedale di una graziosa località lacustre, si trova a un'ora circa di auto.
Qui ti viene finalmente fatto il laser, più di cento colpi, Mi raccomando non
si muova, guardi il mio orecchio. La dottoressa che ti sta parlando (castana, minuta,
sui quarant'anni; è pure simpatica e molto carina: quanto ti senti fragile basta poco
per innamorarsi, e io ci stavo già cascando...) alla fine chiede: Ma perché non
è venuto prima? Il suo occhio è da giorni che sanguina, era messo maluccio.
Possibile che non si è accorto di nulla... Io ho fatto quel che ho potuto,
l'intervento è andato bene. E immagina infine anche la risposta da darle. La
mia risposta di stamattina, ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona, ore
11.16, infrangerebbe il galateo di Internet, oltre alla sensibilità del mio
nuovo amore. Quindi meglio immaginare anche quella.
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