venerdì 26 luglio 2024

Portobello, o sull'happy end

 

Penso a una storia con protagonista un uomo nato intorno alla metà degli anni Sessanta, ha un sogno ricorrente. Tutte le notti sogna Portobello, il pappagallo dell'omonima trasmissione condotta da Enzo Tortora tra il 1977 e il 1983, e poi per un'unica stagione nel 1987, dopo le tristi vicende giudiziarie.

Il sogno compare nel suo teatro onirico alle 2.47, un orario che per la cabala ebraica e la numerologia significherà forse qualcosa, ma non per questa storia. 2.47 precise precise, lo sa perché alle 2.48, puntualmente, si sveglia. E dice: “Diofà!”

Un tipico motto di sorpresa piemontese, strano perché il nostro personaggio non è piemontese, probabilmente ha sentito l’espressione da ragazzo a Sanremo, dove si ritrovava con un gruppo di coetanei di Asti. Tornato in valtellina al termine delle vacanze (il nostro personaggio è dunque valtellinese) la ripeteva con gli amici del Bar Sole, compiacendosi per l’esotismo del suono. Ma ci voleva, allora come adesso, una ragione per sbottare.

In questo caso coincide col fatto che Portobello ha finalmente parlato – un evento che ha dell'inverosimile, accaduto una sola volta con Paola Borbone. Peccato che nel sogno non abbia detto Portobello, come richiesto dal programma, ma anch'esso Diofà. Cosa fare…?

Enzo Tortora si consulta con gli autori, in studio è presente un notaio, sentono il suo parere e poi decidono di assegnare comunque il premio al concorrente, un bel gruzzoletto in gettoni d’oro. Alle 2.49 il nostro personaggio può così riprendere a dormire. Si acciambella come un gattone sul lato sinistro, un mezzo sorriso a baciare il cuscino. Perché questa è una storia che finisce bene.

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