È molto interessante ciò che ha scritto Filippo Tuena in questi giorni su Facebook. Vista la brevità, riporto il post per intero:
Quando Amleto entra in scena leggendo un libro,
Polonio gli chiede: What do you Reed, my Lord? E Amleto risponde: Words, words,
words.
Forse questo spiega bene quanto dico a proposito
dell’argomento dei libri; che l’argomento dei libri è la scrittura; come quello
della musica sono le note. Così, per chiudere la questione.
Filippo Tuena, Facebook, 08/05/2023
Ma prima di iniziare a ragionarci sopra premetto che
ho la massima considerazione del suo lavoro di scrittore, e se ne rilancio un guizzo marginale è perché mi sembra uno stimolo di riflessione, con la rara
qualità di offrire, in forma sintetica, un pensiero complesso. Poco importa che
giunga a conclusioni opposte alle mie, io non sarei stato altrettanto bravo nel
distillare il succo e gettare la scorza. Ma ci provo ugualmente.
Il limite del suo ragionamento mi sembra di scorgerlo nel
parallelo con la musica: se l'argomento della musica sono le note, scrive
Tuena, l'argomento dei libri è costituito dalla scrittura. Detta così non fa
una piega. Words, words, words, non poteva trovare esempio migliore, anche se è forse più analogico che filologico; suppongo che Shakespeare possedesse tutt'altre intenzioni. Quanto a me, quella ripetizione verbale crea un curioso cortocircuito con una canzoncina dei primi anni Ottanta, il cui refrain recitava su una base elettronica sdolcinata:
Words, don't come easy to me
How can I find a way to make you see I love you
Words don't come easy…
Ma lasciamo andare, ognuno ha la cultura che si merita, e sempre difficile è trovare le parole per dire ciò che si prova, in un disagio del corpo che reclama la sua propria forma. Questo è forse già un indizio su quell'oggetto non ancora identificato costituito dalla letteratura: prima ancora di scrittura, parole, words, è lo stato d'animo di chi non ha qualcosa da dire (altrimenti la scrittura sarebbe trascrizione), ma dice per liberarsi da ciò che intimamente preme per manifestarsi, per conoscerlo e conoscersi.
Anche rispetto a quanto scritto da Filippo Tuena le parole non vengono facilmente, ma provando a formalizzare il suo pensiero si direbbe che la sintassi (e la grammatica e i lemmi verbali, forse perfino le singole lettere) per lui sono tutto, mentre la semantica nulla. Che è appunto quanto dichiarò un celebre direttore d'orchestra, il quale così rispose all'ennesima sfiancante domanda sul senso della musica:
La musica è una sintassi senza semantica.
Più articolato e dubbioso il musicologo Enrico Fubini,
che, pur riconoscendo una proprietà di significazione anche alla musica, la
giudica contestuale. Precisa il concetto aggiungendo che la musica è
un linguaggio in cui prevale nettamente la dimensione sintattica su quella
semantica, al punto che quest'ultima, lungi dall'essere negata, viene quasi del
tutto riassorbita.
Le due diverse interpretazioni ricordano il motto
popolare: se non è zuppa è pan bagnato. E in ogni caso, anche Tuena converrà, le note musicali non possiedono la medesima facoltà di simbolizzazione del linguaggio
umano, da cui la scrittura come correlativo non fonetico; ma anche in forma grafica le parole comunque risuonano dentro quella cassa di risonanza costituita dalla testa di chi le scorre, così come sul piano visivo – si chiama
immaginazione – le vicende narrate.
Il punto chiave diventa dunque la funzione denotativa
del linguaggio, che nella musica con tutta evidenza non abbiamo. Se la parola
cane non si risolve nel proprio suono, a quel punto possiamo avere Buck,
protagonista del Richiamo della foresta, oppure Jip in David
Copperfield, Fang, Snowy, Nana, Lassie ecc. E da ognuno di questi animali
storie e romanzi diversi, che apprezzeremo, o ci faranno storcere il naso, per
come sono scritti ma anche per ciò che raccontano.
In altre parole: trama, intreccio e stile. O per
essere ancora più sintetici, seguendo il magistero di Tuena, letteratura. Se
togliamo uno di questi tre piani crolla tutto il castello, come avviene quando
proviamo a mettere in equilibrio le carte da gioco.
Ne ricavo che la letteratura, dopo l'impulso indistinto a cui ho già accennato, è data dalla particolare
selezione delle parole da trasferire sulla pagina, quindi dalla loro
combinazione e, infine, anche se questo momento può essere anticipato nella
mente dell'autore, dal significato che assumono in quel teatro speculare che è
la mente del lettore, la cui discrezionalità è limitata da precisi rapporti di
corrispondenza col testo – l'opera è semiaperta suggeriva Umberto Eco,
in un gioco di parole ripreso dal titolo di uno dei suoi più celebri saggi.
Perciò quando Tuena taglia corto scrivendo così,
per chiudere la questione, a me sembra che la questione piuttosto si apra.
E quell'apertura di senso si chiama immaginazione letteraria.
Volevo lasciare un commento dall'esatta sintassi che pure esprimesse una sua semantica. Ma non vi è trama nè intreccio, e pure lo stile lascia a desiderare ;)
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