mercoledì 31 maggio 2023

Chiara Ferragni second track, o sull'ornamento

Finalmente, o forse purtroppo, ho compreso le ragioni dell'ennesima polemica su Chiara Ferragni, di cui ho scritto nei giorni scorsi sollecitato dall'eco ottenuta sui social, ma senza conoscere la voce originale. Un continuo rimbalzare tra gli utenti che ne moltiplicavano e ingigantivano la sillaba finale, al punto che ane può diventare cane, pane, banane... Ma alla fine la curiosità ha preso il sopravvento e ho chiesto soccorso a Google.

Tanto rumore per nulla, mi viene ora da commentare. Stava semplicemente rispondendo a una bambina di undici anni, o così viene dichiarato col puntiglio di chi sente di avere un diritto di prelazione sul futuro, che su Instagram le rimprovera comportamenti scostumati; per una volta, il termine va inteso in senso letterale. E anche qui nulla di nuovo sotto il sole.

Eppure divampa la contesa: brava, gliele ha cantate di santa ragione, oppure questi bambini moralisti, che poi bambini... sarà di certo opera di uno dei genitori. I bookmaker danno la mamma per favorita, la quale ha poi attribuito il pensiero alla piccola per guadagnare quell'attenzione che fa tutt'uno con la tenerezza.

Se pure così fosse, non si sbagliava. E bisogna riconoscere che sarebbero entrambi degli ottimi spin doctor: sia Ferragni con il suo non ho niente da dire e, con il corpo, lo dico, come suggeriva sardonico John Cage, sia la mamma della bambina che trova una strategia comunicativa di pari effetto. Diversamente non ne staremmo parlando da giorni, fino alla prossima spallina che scivola a scoprire l'altro capezzolo.

Ma proviamo a passare dal gioco del se fosse a quello dell'è: cosa sono, cosa dicono le parole nel loro stare in placida e leggibile superficie, alla maniera dello stronzo che galleggia al termine della canzone di Colapesce e Dimartino? In fondo Mozart teneva concerti ben prima degli undici anni, e non si capisce perché un'undicenne attuale non dovrebbe essere in grado di scrivere il proprio temino intitolato o tempora, o mores.

Stando al dettato nominale, la questione su cui (eventualmente) dibattere prende una diversa formulazione: non se Ferragni faccia bene o male a fotografarsi con porzioni di epidermide sempre più esposte, ma se sia ancora lecito possedere, già a partire dall'infanzia, una visione estetica prima ancora che morale, nella quale i propri gesti vengono connessi nel giudizio a quelli degli altri.

In prima battuta mi verrebbe da rispondere: no, assolutamente NO! Ferragni smutandata non contravviene infatti a nessuna restrizione giuridica, e non solo l'afflato evangelico – non giudicate se non volete essere giudicati – ma anche la teoria liberale avrebbe dovuto indurre la bambina a chiudere il becco. Quanto alla pubblica decenza, è un concetto talmente indecente da non essere nemmeno preso in considerazione.

Tutti d’accordo dunque, problema chiuso?

Sì e no… Ferragni è infatti un personaggio pubblico, il suo non è un comportamento privato (il topless sulla spiaggia di Stintino della signora Bianchi, mentre la sua amica Rossi non se l'è sentita) ma un vero e proprio segno, che va contribuire a una trama collettiva, un ordine simbolico. Lacan, lo psicoanalista francese col ciuffo, lo chiamava grand Autre. Altrimenti perché useremmo il termine influencer, se non perché alcune persone, tra cui Chiara Ferragni che ha più follower degli ultimi due presidenti degli Stati Uniti, influenzano qualcosa che per convenzione chiamiamo mondo.

In fin dei conti, come noi adulti ci prendiamo la briga di dire che l'ultimo film di Moretti fa schifo – a dire il vero a me è piaciucchiato – perché una bambina di undici anni non potrebbe dire che la reiterata e tautologica esibizione del corpo di Chiara Ferragni le provoca la stessa sensazione?

Quel corpo la riguarda, è un testo, un'opera di finzione come il film di Moretti, con cui condivide la ricerca del consenso del pubblico, è un racconto del presente per figure. Ma a volte le narrazioni ritornano come un boomerang tra le mani di chi l’ha scagliato, contribuendo, come già abbiamo visto, a fare del mondo uno specifico mondo.

Il termine viene fatto risalire alla radice indoeuropea mand, con significato di ornamento, ma anche di pulizia, da cui mondare. E quando una superficie è pulita si può leggere l'ornamento impresso su una materia altrimenti informe. In un racconto di Karen Blixen, le impronte lasciate casualmente al suolo durante una notte di tempesta al mattino si rivelano in forma di cicogna. 

Con mondo si intende dunque qualcosa di ben diverso dalla naturalità del globo terracqueo. E il mondo, l'ordine simbolico, l'ornamento, il grande Altro, la cicogna, chiamiamolo pure come ci pare, la bambina lo chiama Chiara Ferragni. Ciò che associa a quel nome, che è appunto un segno, non le piace. No grazie, diventa allora il senso della sua ingenua reprimenda. Voglio un altro mondo.

Prima di liquidarla come una pedante rompicoglioni, oppure per l'eterodiretto strumento di una madre altrettanto rompicoglioni, io conterei fino a dieci mentre mi pongo questa domanda: fatto salvo l'impegno per l'ambiente, il global warming, i gabbiani impiastricciati di petrolio e le scatolette di pomodoro da scagliare per protesta su un dipinto di van Gogh, non esisterà un aspetto non ecologico del mondo che riguarda anche me? Si tratta, come per Karen Blixen, di unire le tracce e cercare la sagoma della cicogna.

E allora facciamocelo anche noi un selfie davanti allo specchio. Sì, mettiamoci pure nudi, tanto non ci vede nessuno, tette in fuori come dice la signora Maisel prima di entrare in scena. E adesso pensiamo all'undicenne che portava il nostro nome. A quando abbiamo fatto a botte al ritorno da scuola, la cartella appoggiata al muretto. La prima e la seconda e la terza bicicletta che ci hanno fregato. Pensiamo a ciò che avremmo voluto essere e non siamo stati.

Quindi pensiamo a Chiara Ferragni, non a ciò che è – nessuno di noi lo sa nemmeno di sé stesso – ma a ciò che mostra di essere, anzi che mostra e basta. Pensiamo al mondo come a una immensa mostra, la bancarella di un luogo turistico pieno di gente in ciabatte e bermuda. Noi però possiamo scegliere solamente un souvenir. Sbagliato dice il venditore, e ci porge un oggetto diverso da quello che gli abbiamo indicato, a sua discrezione.

Ecco, quello è l'ornamento, il diadema. Un'inquietante misteriosa figura dove tutto si tiene e le distinzioni sono solo imbrogli dello sguardo. E bene ha fatto la bambina a restituirlo se non è ciò che desiderava. Quando cala l'inverno, le cicogne migrano verso continenti più tiepidi e accoglienti.

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