L'esperienza di un decennio di consumo moderato di
contenuti social – sono arrivato tardi e fortunatamente mi sono limitato a
quella droga leggera che si chiama Facebook, di cui confesso la contribuzione
allo spaccio – l'esperienza mi ha condotto a un dubbio probabilmente da altri
già superato, smettendo di fare problema.
Nella mia bolla sono presenti molti scrittori,
questa del dubbio è solo la premessa, oppure poeti, scribani. E gli scrittori e
i poeti e gli scribani il più delle volte parlano di libri, meglio se scritti
da loro stessi; non c'è nulla di male nel farsi un po’ di pubblicità, le
famigerate bollette da pagare…
Meno spesso, ma sempre con una certa frequenza, i
libri sono quelli scritti da altri autori, che poi appaiono nei commenti e
anche qui non c'è nulla di cui vergognarsi, credo sia naturale provare
interesse verso ciò che si fa. Perfino un pizzico di orgoglio.
In fondo anche i calciatori vanno in tivù a
parlare di calcio con altri calciatori, i musicisti parlano di musica, i medici
di medicina ecc. Eppure mi sono accorto che è un tratto molto italiano, o
comunque europeo. Devo risalire a Pasolini per ritrovare un artista italiano
completamente proteso oltre il proprio scaffale. Da qui il dubbio: devo
rallegrarmi per lo zelo professionale, è necessario (una legge di natura) che
le cose debbano andare a questo modo?
Negli Stati Uniti, ad esempio,
l’autoreferenzialità mi appare meno marcata nelle arti, e basta leggere gli
interventi di David Foster Wallace per vedere la sua intelligenza accendersi al
cospetto di ciò che meno gli era familiare, possiamo anche chiamarla curiosità;
la stessa dei bambini, per i quali ogni minimo accadimento spalanca la bocca
all'inaudito.
È come se uno scrittore americano non fosse un
esperto di scrittura, di più: probabilmente non si percepisce, o finge di non
percepirsi, esperto in nulla, cause only an expert can deal with the
problem cantava Laurie Anderson.
Ma senza problemi e soluzioni rimane solamente lo
sguardo, lo stupore verso ciò che si osserva; nemmeno lo stile diventa un
cruccio su cui lambiccarsi, la cosiddetta "lingua" che da noi è
sempre stata un feticcio. O se proprio vogliamo trovare una specializzazione a
gente come Foster Wallace, Stephen King, Philip Dick, Carver, Hemingway o Bukowski,
potremmo dire che sono degli experts in life; da qui le incursioni
nel vitale, più che nel narrato.
Un mondo in cui progressivamente dilegua la
curiosità verso la vita a favore di una finta e diffusa competenza (tutti sono
esperti in tutto), è quello raccontato da un altro scrittore non a caso
conficcato al centro dell’Europa – da lui detestata –, che in ampio anticipo
sui social network così ne prefigurava l'avvento:
“i compositori di sinfonie non pensano che alle
sinfonie, gli scrittori agli scrittori, i costruttori edili ai costruttori
edili, i ballerini del circo ai ballerini del circo, è una cosa insopportabile.
(Thomas Bernhard)
sabato 6 maggio 2023
Only an Expert
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