Di cosa parliamo quando parliamo di consenso? Se lo chiede, già a partire dal titolo, la filosofa francese Manon Garcia, di cui Einaudi ha appena pubblicato un interessante saggio sull'argomento. A scanso equivoci, il consenso non è quello informato, ma riguarda la disponibilità ad accogliere, ed eventualmente ricambiare, il desiderio erotico, ricordandoci che la violenza sessuale non si limita alle sequenze concitate che vediamo nei film con Charles Bronson. Film dove un giustiziere, naturalmente della notte, vendica soprusi che più stereotipati non potrebbero essere, con donne buonissime e inermi e uomini cattivissimi e violenti. Poi a Bronson gli prende un po' la mano, ma tant'è.
Episodi a cui il codice penale accosta l'aggettivo flagrante, per quanto la statistica suggerisce che la violenza ai
danni delle donne è perlopiù sfumata, opera di conoscenti, amici o perfino
coniugi disattenti e impulsivi. In quella fase chiamata flirt o, proseguendo nell'abbrivio passionale, petting, a un certo punto
la donna cambia idea. Non chiediamoci perché, è un suo diritto. Ma l'uomo vuole
andare fino in fondo. E lo fa.
Comunque si tratta di violenza, ha perfettamente ragione Manon Garcia, che
include casi ancora più complessi e dubbi. Ad esempio donne a cui la voglia
sarebbe anche passata, ma per timidezza o più spesso asimmetria di ruolo – l'uomo
occupa un posto di influenza e prestigio, mettiamo sia il suo "capo" –
tanto vale fare buon viso a cattivo gioco. In fondo tutto passa e va, capita
troppo spesso di pensarlo a donne vittime di un desiderio a senso unico.
Eppure e come ho scritto questi casi sono dubbi, già che nella prima
circostanza mancano dei segni manifesti di diniego, a produrre consapevolezza dissuasiva nel maschio, e nel secondo possiamo supporre un vantaggio reciproco, uno
scambio. Per quanto i piani siano diversi, tanto da riconfermare l'asimmetria
quale forma implicita di violenza. Ma una violenza del Capitale, attenzione,
direbbe Marx. Non sessuale.
Sono dunque qui la misura e il contesto a determinare il reato, nello specifico prende il nome di stupro per negligenza. Introdotto in Svezia nel 2018, considera responsabile di violenza chi non si sinceri con sufficiente chiarezza sulle reali intenzioni dell'altro, esplicitando fin da principio le proprie. Ma siamo sicuri che la specie a cui appartiamo sappia sempre ciò che vuole, e non lo scopra a volte durante? Viene così il dubbio che il legislatore svedese non abbia mai limonato, o bevuto un vodka tonic a una festa scolastica...
La Garcia sembra invece cosciente della mutevolezza anche chimica degli umori, ma meno convincente è la soluzione da lei proposta: parlare,
chiedere, farlo di continuo, già che un iniziale sì potrebbe convertirsi in un
no successivo. La formula da lei utilizzata è curiosa e bisogna riconoscere
efficace: "conversazione erotica". Come si conversa del tempo quando
piove, di calcio al bar Piero e di motoseghe tra boscaioli in un querceto, così si
dovrebbe conversare di sesso mentre si scopa: Ma ti piace, sicura che ti piace...? Guarda dimmelo se non ti piace che guardiamo un film con Charles Bronson.
Mi è così venuta in mente la differenza tra scrivere e trascrivere.
"Io scrivo per sapere ciò che penso" affermava lo scrittore Luigi
Malerba. Nella trascrizione, invece, lo si conosce già da subito. La
prostituzione equivale dunque a una trascrizione. Si inizia con informazioni sul preziario, quindi viene l'accordo su cosa fare e per quanto tempo e di
quali parti del corpo l'uomo può disporre. Mai baci sulla bocca, in ogni caso.
È la regola numero uno. E adesso i soldi, grazie, prima di cominciare.
Un atto sessuale, non importa se amoroso, occasionale o perfino incluso in una pigra routine matrimoniale, è invece più simile alla scrittura. Ma chi scrive chi? Entrambi,
mi appare evidente. Solo che le vicende narrate raramente coincidono. Credo che
sia questo il motivo per cui Lacan affermasse che "non esiste rapporto
sessuale". Ognuno ha la sua storia, i suoi tempi e le sue fantasie.
Rimane la questione sollevata da Manon Garcia: quando fermarsi, e in che
modo comunicarne l'intenzione? Magari, come suggerisce la scrittrice Rosella
Postorino in un intervento sullo stesso tema, la conversazione erotica
potrebbe avvenire in forma non verbale, così da rendere meno legnoso e
(aggiungo io) improbabile il rapporto.
Ma a ogni risposta paiono generarsi nuove domande, che superano le prime
per numero e difficoltà, come ciliegie affollate su un singolo ramo. Quali sono, ad
esempio, i segni a cui fare affidamento, esiste un codice erotico non verbale
unanimemente accettato, sul modello del linguaggio dei sordomuti?
Segni che una donna invia a un uomo, ovviamente. Ma mica tanto se ci
pensiamo bene. Ho sentito la storia di un uomo morto di infarto durante un
amplesso, con la donna che continuava a muoversi sopra di lui. Non una mantide,
un'erinne o un'amazzone. Semplicemente, non si era accorta di nulla. Una storia
forse non vera, se ne dicono tante, ma verosimile. Perché come cantava Ivano
Fossati l'amore è tutto carte da decifrare. E non è detto che gli
amanti assegnino alle carte lo stesso valore simbolico.
Se si vuole la certezza di un'interpretazione convergente si deve così
tornare al linguaggio esplicito raccomandato da Manon Garcia, alla sua
conversazione erotica. Ma anche qui: quando farlo? Ogni dieci minuti, cinque, o
magari e addirittura tra un bacio e l'altro... Ehi, tu, dico a te là sotto, sei ancora vivo?
Se così fosse, oltre che legnosa, la situazione diventerebbe tecnica,
procedurale. E cioè, di nuovo, non scrittura ma trascrizione. Troppo simile
alla prostituzione per essere davvero emotivamente coinvolgente. Troppo telefonata come diceva il mio allenatore
di basket, riferendosi a quei passaggi che l'avversario poteva intuire prima ancora che il pallone si congedasse dalle mani, vanificando la sorpresa di cui non
solo la pallacanestro ma anche l'eros si nutre.
All'insieme delle domande che ho incontrato in questa scrittura, che è
stata tale perché mi sono trovato a esprimere pensieri di cui non immaginavo la
conoscenza, non possiedo risposta. Socraticamente so di non sapere, ecco.
Se non forse che l'esposizione del corpo all'amore, al sesso, a quello che
ci pare purché sia presente un altro con il suo corpo, ugualmente esposto e
vivo, espone contemporaneamente all'errore. Fa anche rima: non cuore amore, la rima più difficile del mondo secondo Umberto Saba, ma amore errore. E per essere certi di non sbagliare
c'è una sola ricetta: la castità. Per tutto il resto continuerei ad affidarmi
al buon senso, e nei casi estremi ai film con Charles Bronson.
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