Questa mattina alle 6.48, ho controllato
sullo smartphone, mi ha citofonato Michele. Ero sicuro che fosse lui ancora
prima di rispondere. Ha infatti un modo inconfondibile e prolungato di pigiare
il tasto, l'effetto è quello di un antifurto o dell'allarme rosso di
Star Trek, credo abbia svegliato tutto il condominio. E poi i corrieri con le
consegne di Amazon non si fanno vivi prima delle 11, e io non ricevo – né
prima né dopo – altre visite. Ovviamente, alle 6.48 stavo ancora dormendo.
"HO VINTO, HO VINTO!" gridava
Michele mentre mi stropicciavo gli occhi, anticipando la mia domanda su cosa
volesse a quell’ora. Si udiva, in lieve fuori sincrono rispetto all'altoparlante del
citofono, il suono della voce provenire dalla strada come una lite
senza controparte, risaliva la facciata fino al quarto piano, dove, sul mio davanzale, ci stanno le cacche dei piccioni, e infine entrava dalle finestre socchiuse. D’altronde non posso
rimproveralo per non avermi telefonato o inviato un messaggio, già che ho
bannato il suo numero. Ma che dovevo fare, mi chiamava alle quattro di notte
per dirmi Mi sento sooolo, con la
vocale centrale strascicata, alla siciliana. Così gli ho chiesto solamente,
avvicinandomi al microfono e parlando sottovoce, come se stessimo tramando
affari loschi: "Shhh, quanto hai vinto?"
"MILLE, MILLE EEEURO AL GRATTA E
VINCI." E pensare che io lo sgrido sempre: Sono soldi buttati, dacci un taglio con il gratta e vinci, che si
gratta solo e non si vince nulla. "COSA VUOI DI REGAAALO?" ha
strillato Michele interrompendo i miei pensieri, mentre si sentivano tapparelle
sollevarsi e immaginavo gente sporgersi, anche nel condominio di fronte, per
vedere di che si trattava. "Della carne”, finalmente la voce era scesa di
un paio di ottave, “va bene se ti prendo della carne?"
Non so a quale carne si riferisse. Probabilmente manzo, o forse vitello, salsicce, controfiletto; potevo già vedere
le sue mani grassocce nel porgermi l'incarto sanguinolento di macelleria. Io
mangio solo pollo e tacchino ma lui li considera prodotti minori, l'equivalente di un omogeneizzato sei vai a cena da Cannavacciuolo. Carne, strana offerta davvero per un regalo, anche se a fartela è una persona in cura al CPS. Diciamo pure: matta.
Eppure... mi accorgo che dopo quasi tre anni di
emergenza Covid e quattro di Citalopram, un ricapitolatore della serotonina che
non va accompagnato alla Ceres, è l'unica domanda che ho fatto, la carne è
quanto più mi manca, non necessariamente da mangiare. Anche da guardare,
toccare, sfiorare con finta noncuranza quando i bicchieri si incontrano per un
brindisi. No, neppure vino ha aggiunto lo psichiatra rialzando lo sguardo dalla ricetta, e leggendomi nel pensiero.
Oppure sputarci sopra, sulla mano, che è pur sempre fatta di carne, e dire Affare fatto! Carne viva insomma, non
morta.
Michele ha questa virtù: riporta
l’erranza astratta della mia mente al cuore delle cose, come se io fossi un
chiodino e lui la calamita. Un luogo, concretissimo,
dove ritrovo la carne di cui mi nutro sempre meno, il corpo delle persone che
ho smesso di abbracciare per profilassi. Non si sa mai, con tutto quello che
c'è in giro... Ho cominciato con l'eliminare dalla dieta i cuccioli degli animali; non
sarà razionale – crescerli per poi scannarli – ma mi sembra un compromesso
accettabile. Almeno fino a quando un maiale non mi ha guardato dritto negli
occhi, e ho compreso che eravamo cugini; di secondo grado, ma pur sempre
parenti. Niente più carne di maiale, basta! E così via verso una progressiva
disincarnazione, che mi ha reso simile a uno gnostico del secondo secolo.
Ma alla fine, tutta questa assenza di
carne mi sbilancia. I miei esami del sangue sono perfetti, intendiamoci, più
giusto e responsabile nelle scelte etiche, solo ho questa sensazione di scivolare fuori dall'inquadratura. Una dinamica restituita dalle foto ricordo in piazza
San Marco, durante la gita scolastica a conclusione delle medie. Compagni dei
quali vedi solo un braccio, un ginocchio, la mano che fa le corna. Ma chi erano
esattamente? La carne di cui erano composti è affidata a una memoria sempre più
labile e incerta. La certezza viene restituita da ciò che si mostra, si tasta come cercando al buio l'interruttore dell'abat-jour, fosse pure in forma surrogata. Il riquadro di luce impresso nel tempo eterno di un clic, più che una
testimonianza è un'eucarestia.
E insomma per farla breve, gli ho detto
sì. "Però la mangiamo assieme", ho aggiunto. "Tu, io e…"
Qualcuno desidera uscire con me e Michele a mangiare carne, essere carne
e voce senza filtri, citofoni, telefoni e social network? Il cameriere che
chiede: "Porto due stuzzichini?" "No, carne" risponde
Michele, "carne e vino." Massì, per una volta chi se ne frega del
Citalopram!
Non voletemene, ma preferiremmo entrambi una donna; anzi due, per fare doppia coppia. Meglio ancora se indossassero degli abiti di cotone stampati a fiori, credo si dica alla provenzale. E anche se non si dice non importa, basta che lascino la pelle delle braccia e delle gambe scoperte, un poco di scollatura. Nessuna malizia, piuttosto una finestra tra mondi. Non lo stesso mondo, lo stesso abito a fiori, gli stessi seni che traspaiono senza mostrarsi, a meno che non siano gemelle. Per il conto non c’è problema, paga Michele.
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