domenica 7 agosto 2022

Camera 219

Ti ho cercata pattinando sul linoleum di un grande ospedale ad agosto, i corridoi non finivano più, le infermiere camminavano velocisissime e non si capisce come facessero con gli zoccoli del Dr. Scholl, un poco più lenti procedevano i medici trattenendo la busta gialla delle profezie e, piano piano e in ciabatte, da ultimi i malati, tra cui un uomo che indossava un pigiama stampato con l'immagine di Duffy Duck nell'atto di fare l'occhiolino, una disposizione all'ammiccanento che doveva possedere anche l'uomo in gioventù, ora trascinava stancamente l'asta in metallo con la flebo da cui gocciolavano miracoli, pareva il suo scheletro uscito dal corpo come uno specchio beffardo, un monito, prendi le medicine che ti danno se non vuoi fare la mia stessa fine, sì sì giuro che le prendo tutte comprese le supposte, e quando torno a casa smetterò di bere Campari shakerato con il gin, solo un prosecchino di tanto in tanto, è da lui che mi è venuta l'idea di muovere i piedi mantenendo sempre un contatto col suolo, ci fossero state le piastrelle avrei fatto il gioco di non pestare le righe, se arrivo alla camera 219 senza commettere errori allora il nemico è scappato, è vinto, battuto, le parole appartengono a una famosa canzone ma non le ricordavo tutte, solo il refrain che ho iniziato a canticchiare mentre passavo davanti alla 212, una ragazza sui sedici anni, poteva essere la figlia, ha chiuso di scatto la porta perché non vedessi (ma ormai era troppo tardi) la madre mentre stava sistemandosi la camicia da notte, aveva il volto segnato da un dolore timido di cui la pelle non faceva bandiera, un pudore nella sofferenza a creare un curioso ossimoro con la fica depilata, in quel luogo ricordava l'aneddoto probabilmente inventato di Colombo che, scorgendo un rametto verde chiuso nel becco di un gabbiano, comprende che una terra deve essere vicina e il viaggio finalmente prossimo a un approdo, un vezzo così dolcemente femminile, la depilazione intima, e poi magari qualche semplice oggetto di bigiotteria sul comodino, rossetto, profumi francesi da spruzzare sul collo magro ed ecco emergere l'odore dolce e mandorlato della fava tonka, quasi metallico e polveroso l'iris fiorentino, l'ambra grigia che è poi il vomito delle balene dopo avere navigato a lungo negli oceani... ma in realtà, alle narici, giungeva solo puzzo di pastina stracotta e liquido antiparassitario per cani, avevo iniziato a fantasticare e così scordato di strascicare i piedi a terra, un segno?, un sintomo infausto?, intanto ero alla camera 213 su cui compariva la scritta di divieto d'accesso anche in inglese, entry ban, nella 214 un uomo seduto sul letto cercava e non trovava qualcosa - ma negli ospedali non si dovrebbe mantenere le donne e gli uomini separati, come a dottrina prima di ingoiare la carne viva di Gesù? -, cercava e cercava e contemporaneamente aspirava ossigeno da una mascherina trasparente simile a quella Dennis Hopper in Blue Velvet, ci siamo guardati come se ci conoscessimo da sempre e io fossi l'oggetto della sua ricerca, ma forse c'eravamo già incontrati nella sala d'attesa del podologo, o in un centro massaggi cinese, in questi casi poi non ci si saluta come fanno gli italiani quando incrociano un tedesco su un sentiero di montagna, l'altro dice Guten Morgen e l'italiano zitto, nella 215 la 216 e la 217 non ho spiato all'interno, ho distolto lo sguardo verso i finestroni del corridoio attratto da un rumore intenso che i film sul Vietnam ci hanno reso familiare, sorprende solo l'assenza della Walkürenritt di Wagner mentre atterra un elicottero sulla pista circolare che si apre tra i tetti dei padiglioni, avrà dovuto sbarcare un ferito grave, ho pensato, o la valigetta dove riporre il cuore ancora tiepido di un angelo biondo o di un commercialista, è lo stesso, scambiatevi un segno di pace dice il prete mentre la perpetua tira il collo a una gallina, il roteare delle pale generava un vento tiepido con cui si sarebbe potuto sollevare cento volte l'abitino bianco di Marilyn Monroe, e infine alla 218 un virus e un batterio ci stavano dando dentro di gusto, che ne so chi ci stava nella camera 218, nella 219 ci stavi tu intenta con le parole crociate: sentimento reciproco che provano due persone senza una precisa ragione o scopo, cinque lettere, inizia per a... mi hai detto. O forse l'ho solo pensato, mentre mi sorridevi e posavi la rivista.

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