giovedì 23 settembre 2021

Ok, va bene, certo, o sul migliore dei mondi possibili

 

Domani pomeriggio avrei dovuto fare una visita da un medico milanese molto famoso. Niente di nuovo, è una malattia di cui soffro da anni – la mia indole alpina e vagamente ruvida mi impedisce di definirla grave, e infatti non è grave, nel senso che non si muore –, una malattia che in questi due anni ha subito un peggioramento. Un po' come gli elettrodomestici guasti che vengono gettati in cantina, in attesa di tempi migliori: non è che a non guardarli si aggiustano da soli, intendo.

Il viaggio, in auto, da Sondrio a una bella via nei pressi di Porta Ticinese, mi comunica Google Maps essere di due ore e quattordici minuti; al ritorno un po' di più per via del traffico in tangenziale, semafori, code, rompicoglioni che suonano prevedendo telepaticamente la trasmutazione alchemica del rosso in verde. Troppo sbattimento, nel mio attuale stato di salute. Mi ero così messo d'accordo con un amico per essere accompagnato. Mi accompagni a Milano? Ok, va bene, certo, dice lui.

Due giorni prima dell’appuntamento però ricevo un WhatsApp: Non posso venire, scusa, è per via dei cani. I cani? Mmm... il mio amico non possiede cani, mai avuto cani a parte il setter del padre, che è morto di infarto nell'udire il rumore della fucilata a un fagiano. Ma era più di trent'anni fa. In seguito mi spiegherà che gli sono stati lasciati due cani in affido; uno è molto vecchio e acciaccato, non mi fido aggiunge, ha già avuto una crisi epilettica. Chi glielo spiega poi ai padroni? Ok, va bene, certo, dico io.

La mattina successiva telefono al medico milanese molto famoso per disdire, l'orario delle comunicazioni è fissato tra le dieci e le unici, e alle dieci e un minuto compongo il numero con quel filo di tachicardia di chi sa di essere in difetto. Caro signore mi risponde, il tono è affabile ma fermo, la visita va comunque pagata. Ok, va bene, certo, replico contrito ma per qualche perversa ragione anche risollevato ("a pagà se ve' liber" si dice dalle mie parti), la tachicardia si è spenta in un tonfo senza più base percussiva. Sa, continua il medico milanese molto famoso, è un fatto di correttezza: in meno di 24 ore corro il rischio di non riuscire a rimpiazzarla, ritrovandomi così un brutto buco in agenda. Le ore in realtà sono 29, ma non puntualizzo, un brutto buco in agenda è un brutto buco in agenda. Dico soltanto: Ok, va bene, certo. 

Può farmi un bonifico dice il medico milanese molto famoso, le invio i dati con una mail. Ok, va bene, certo. Sono 200 euro. Ok, va bene, certo. D’ora in poi tutte le volte che leggerete ok, va bene, certo sono io a parlare. Guardi dice il medico milanese molto famoso, le vengo incontro, facciamo 150. Ok, va bene, certo; cioè, va bene grazie (come è umano Lei stavo per aggiungere, ma non sono sicuro che avrebbe colto la citazione).

Eseguire bonifici, con internet, è ora una pacchia, non c’è niente di più facile che sbarazzarsi del denaro. E poi quando non hai un lavoro, quando non puoi lavorare e se anche fosse chi ti si piglierebbe più, a cinquantacinque anni suonati e la diagnosi di una malattia che non è certo grave, magari seria, ecco, anche se detta così fa al contrario un po' ridere, come cantava Pippi Calzelunghe nella sigla del programma televisivo di cui, alla metà degli anni settanta, attendevo con trepidazione l'inizio ("ma voi non riderete per quello che farò", continuava), pagare dicevo è l'ultimo dei problemi.

Qualsiasi cifra mi avesse chiesto sarebbe comunque stata troppo: troppo tanto, naturalmente, ma anche troppo poco. Nell'assenza di remunerazione a un gesto di natura pubblica, un contributo, insomma, a tirare avanti questo gioco di ruolo chiamato Occidente, il rapporto col denaro va facendosi astratto; ma a tale rarefazione contribuisce la disabitudine a spendere, specie dopo quasi due anni di pandemia in cui finisce con l'accumularsi perfino la carenza, il mai tolto.

È come per un bambino di dieci anni quando mette da parte le mancette dei nonni. Due anni di mancette, due anni in cui non sono andato una sola volta al ristorante, due anni senza i velluti porpora e gli specchi dorati del night club Caprice di Morbegno, due anni e nessuna prostituta, amante, niente di niente, neppure un foularino da fare sbocciare tra il giubbotto di pelle e la brezza di lago, qui si leva alla fine di febbraio per assopirsi quando spiovono le ciliegie. Ah no, il mese scorso ho acquistato un profumo: Habit Rouge si chiama, fu realizzato nel 1965 da Jean-Paul Guerlain quale versione maschile, ippica, di Shalimar. Lo utilizza anche Keith Richards, l'ho letto sull'inserto culturale di un quotidiano.

Quando ho concluso la telefonata con il medico milanese molto famoso, è un neurologo e ha uno di quei bei nomi composti che già all'anagrafe mettono soggezione al copista, Jannacci direbbe che fanno rima con Rolex e Cortina, quando mi ha liquidato con un attendo sue nuove (nuove è ovviamente un sinonimo di soldi, money, dinero, argent, nel nostro caso) ho compreso che il ventaglio delle gratificazioni della mia vita si è progressivamente richiuso a una soltanto, come la coda del pavone senza pavonesse nei paraggi: possedere lo stesso odore di Keith Richards, l'odore che ha quando posa la chitarra e prima di accendersi una Marlboro.

Però, detta nuovamente così, e in effetti l’ho detta così, sembra che mi stia lamentando. La vita è un dono del Signore, almeno se sei religioso e io non lo sono. Altrimenti è un ottovolante, i manuali di self improvement ti insegnano che bisogna aggrapparsi stretti stretti al carrello e poi strillare il tuo sìiiiiii a ogni curva, benedire la salita lenta quanto la discesa a capofitto, celebrarle come opportunità di crescita e perché no di guadagno, tanto alla fine si ritorna sempre al punto di partenza. O in alternativa e più sommessamente, rispondere ok, va bene, certo. E dunque dimenticatevi tutto, facciamo come se non vi avessi detto nulla. Come se vivessimo nel migliore dei mondi possibili.

2 commenti:

  1. Come ti ho scritto su facebook, ok, va bene, certo..il neurologo può stare fresco a consultare i bonifici in arrivo.. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh, posso sempre girarti il numero di telefono. Fissi un appuntamento. E poi non ci vai. Così si ritrova in "brutto buco in agenda", non remunerato...

      Elimina