mercoledì 8 settembre 2021

300, o sugli eroici professori no Green Pass

 


I politici vogliono discriminarci con il Green Pass, si dice. Per fortuna sono accorsi in nostra difesa trecento docenti universitari, come i trecento spartani che nel 480 a.C. arrestarono, sebbene temporaneamente, l'avanzata di Serse alle Termopili, con il professor Barbero nel ruolo di Leonida.

Hanno infatti perfettamente ragione ad affermare che il Green Pass è un atto di discriminazione! Peccato gli sfugga, nonostante i loro studi, che è l'intero processo di civilizzazione a fondarsi su pratiche discriminatorie, ossia di limitazione alla libertà personale in un contesto di vita associata. Come la chioma dei capelli attraverso quel discriminatore che è il pettine, il possibile viene separato dal lecito attraverso un complesso sistema di tutele e licenze.

Pensiamo ad esempio ai film porno. Io a tredici anni non potevo, e Dio solo sa quanto l'avrei voluto, issarmi sulle punte dei piedi davanti alla cassa del cinema Odeon, e poi richiedere con la voce tremante il biglietto per l'ultimo film di Marina Lothar, la moglie del giornalista televisivo Paolo Frajese specializzata in giochetti con i cavalli.

Che rabbia vedere il manifesto "Marina e la sua bestia" e non poter entrare! E che rabbia, alla stessa età, dover attendere ancora un anno per guidare il Ciao bianco di mio nonno. Quindi, raggiunto quel traguardo, altri due anni per la Vespa; oltretutto era previsto anche il conseguimento di un patentino: doppia discriminazione dunque, che si ripeté con l'automobile. Per la patente nautica e quella di volo ho desistito, avevo già subito troppe discriminazioni. E così un po' per tutto.

Curioso che trecento docenti universitari non l'abbiano ancora inteso, e siano convinti di vivere nello stato aurorale di natura decantato da Rousseau. Discriminazioni dettate dallo spirito dei tempi, e perciò mutevoli e strampalate se osservate a distanza di anni; il suffragio femminile fu introdotto in Italia nel 1945, nemmeno un secolo fa. Oltre che frutto di calcoli utilitaristici che ogni comunità umana elabora per proteggere sé stessa.

Se, verosimilmente, ci saranno meno incidenti con le persone in grado di certificare elementari nozioni di guida e meno morti con i vaccini – tutti quelli già obbligatori, oltre a quello per il Covid che obbligatorio non è –, non altrettanto immediata l'utilità nel distinguere i bagni delle donne da quelli degli uomini, o l'obbligo di indossare giacca e cravatta al casinò.

Perché, mi chiedevo leggendo la notizia, Barbero e i suoi colleghi non avevano alzato le loro penne stilografiche anche contro queste anacronistiche misure, e già che ci siamo io rivendicherei pure la libertà di pisciare sopra i copertoni come fanno i cani – il bagno stesso, con quelle pareti piccine e soffocanti, è una forma di discriminazione, un grave argine alla sacrosanta libertà di minzione.

Il Green Pass è dunque solo una piccola goccia nel grande mare dei diritti e dei doveri, o, cambiando di metafora, una pagliuzza dentro l'occhio in cui si nascondono travi ben più grandi. Non è di moda ricordarlo, ma a me continua ad apparire più discriminatorio il patrimonio ereditato da Gianluca Vacchi, da confrontare con solenne retorica operaista alle condizioni di lavoro (e santa grazia che c'è l'ha, un lavoro) di un dipendente dell'Ilva di Taranto, o la sperequazione tra un salario africano e quello di un idraulico di Montecarlo; e ho detto un idraulico, non un tennista che lì ha portato la residenza per pagare meno tasse.

Tutte questioni non pervenute, come le indicazioni meteorologiche di Potenza, per i trecento cattedratici, forse più preoccupati per il loro deltoide che non dalla ricaduta dei gesti individuali sulla comunità; anche questo un argomento che ha perduto di appeal, un tempo la si chiamava etica.

E allora facciamo così, aboliamole pure, per quelli che smaniano e manifestano e firmano, queste benedette discriminazioni: i vaccini, le mascherine, il Green Pass... Tutto quanto. Lasciamogli fare quel cazzo che gli pare e piace. Ma in un luogo circoscritto, una sorta di nuova Terra promessa da concedergli di buon grado, in cui trasferirsi dopo aver traversato deserti d'incomprensione.

Li potranno finalmente guardare tutti i film porno che gli abbiamo negato da cuccioli, votare a dodici anni, anzi dieci, ma che dico non votare proprio – a che serve la rappresentanza politica, ennesima discriminazione costituita da uomini che esercitano un potere su altri uomini? Meglio dedicarsi allo studio dell'araldica medievale, o a cose più libere e svagate, tipo guidare elicotteri senza patente e passaporto e ogni altro oppressivo documento d'identità; come cantava Lucio Dalla, anche i preti in quel luogo potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età.

Fosse per me, gli concederei immediatamente anche la luna: così stanno più larghi e li vediamo solo col telescopio, mentre ci fanno ciao ciao da lassù.

1 commento:

  1. Sette minuti di applausi, tipo quelli che si spellano le mani davanti ad un film festivaliero. (Non vietato ai minori, ovvio) ;)

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