lunedì 13 settembre 2021

Democrazia e Covid



Paolo Zardi, ottimo scrittore e acuto osservatore del presente, nei giorni scorsi ha scritto un intervento su Facebook, nel quale mostrava le numerose contraddizioni contenute nelle disposizioni governative per arginare la pandemia.

Non le ricorderò tutte, se non, quale unico esempio, che è quantomeno bizzarro imporre l'esibizione del Green Pass per gli studenti universitari, e non per gli alunni delle scuole superiori e delle medie; nel secondo caso a partire dai dodici anni, età a cui è fissato l'attuale limite di somministrazione dei vaccini. Ma nelle stesse scuole medie e superiori i professori hanno nuovamente l’obbligo del Green Pass, altra contraddizione e così via.

Se ne ricava che la Costituzione italiana afferma dei diritti – istruzione, lavoro, salute, libertà di culto religioso ecc. –, ma, qualora entrassero in conflitto tra di loro, è compito della politica esercitare delle scelte, la cui natura è di necessità discrezionale. È la democrazia bellezza, conclude Zardi con altre e più forbite parole.

Quando si paventa lo spettro di una “dittatura sanitaria”, ossia di un principio tecnico, non importa se virtuoso, che si sostituisca alla mediazione politica nella scelta tra diritti alternativi, si dice dunque qualcosa di non del tutto infondato, per quanto in chi lo agita sono presenti motivazioni strumentali. C'è però un punto, delicatissimo, sorvolato da Paolo Zardi nel suo bell’intervento, ed è quando fa coincidere la discrezionalità politica (da attuare in forza della rappresentanza parlamentare) con la ragione democratica. In realtà, le cose sono un po’ più complesse.

Il termine democrazia non si risolve infatti nella volontà della maggioranza, attraverso cui scegliere tra diritti alternativi. Su alcuni di questi diritti non è possibile mediare. Ad esempio quello della tutela delle minoranze; e non mi riferisco a qualche aspetto eccentrico della loro cultura, ad esempio lanciare lavatrici dalla finestra a capodanno, ma alle minoranze tout court, alla loro sopravvivenza fisica.

Pensiamo a quanto avvenuto in Germania nelle elezioni federali del 5 marzo 1933. Il 43,9% dei tedeschi votò in piena libertà per il Partito Nazionalsocialista, sopravanzando di più del doppio i consensi del Partito Socialdemocratico, al secondo posto con il 18,3, e quello Comunista fermo al 12,3. Ma a nessuno verrebbe in mente di affermare che la successiva eliminazione della minoranza ebraica possa essere vista quale conseguenza di una democratica scelta tra diritti alternativi. I diritti, in democrazia, non sono tutti uguali. E così anche i doveri.

Questa tutela delle minoranze, prima ancora dei loro diritti, è un prodotto relativamente recente, ed è alla base della diffidenza nutrita da Platone verso la democrazia del suo tempo; infatti ora non la chiameremmo neppure democrazia, ma populismo. Ciò che distingue la democrazia moderna dal populsimo è proprio il sistema di equilibrio tra i poteri e di tutela delle minoranze, che nell’Atene del IV secolo, in cui Platone scriveva La Repubblica, non era presente.

Se la maggioranza parlamentare, la maggioranza eletta con suffragio democratico, decidesse così di abolire qualsiasi misura di contenimento della pandemia, non avremmo solo l'affermazione (del tutto legittima) del diritto alla prosperità economica su quello alla salute personale, ma anche il diritto – che non esiste – di contagiare i fragili, quelli che per ragioni di salute non possono vaccinarsi o su cui il vaccino ha scarsa efficacia e insomma una minoranza inerme, che a questo modo verrebbe messa a rischio di sopravvivenza. Sarebbe sempre politica, certo, ha perfettamente ragione Zardi. Ma non più democratica.

Nessun commento:

Posta un commento