James Hillman, lo psicologo analitico dal sorriso di un bambino, uno di quelli che ti prestano volentieri la loro bicicletta, Hillman suggeriva di cercare i miti antichi nelle figure aggiornate e perfino sgangherate del presente. Alcuni sono facili facili, che so: scorgere Ares dietro alle fattezze slave di Putin o Afrodite nella zia Patrizia del film di Sorrentino (quando si toglie il costume turchese e si sdraia sul barcone, lì non è più la zia Patrizia e nemmeno Luisa Ranieri: agli occhi dei gitanti è la più bella tra tutte le divinità), come vedere nei ventisei centimetri del fallo di Rocco Siffredi la versione 2.0 di Pan. Ma si può fare di meglio. Questa mattina, ad esempio, per quasi un'ora sono stato chiuso nel tubo di una risonanza magnetica da tre tesla, solo lo spazio di un accendino a separarmi dalla parete ricurva. È allora che ho avuto l'intuizione. Non un cinquantenne malconcio all'interno di una sofisticata apparecchiatura medicale di nuova generazione, all'improvviso mi ero trasformato nel profeta Giona: il suo Dio gli dice di andare a predicare a Ninive ma lui non gli dà retta, e si dirige invece a Tarsis non sentendosi all’altezza dell'incarico. La teologia successiva l'ha definita vocazione, dal latino vocare, chiamare, però si capisce meglio se pensiamo alle cartoline illustrate. Ogni vita una cartolina alla ricerca della giusta cassetta delle lettere in cui imbucarsi; se indovina la fessura farà piacere non solo a chi la riceve, ma anche a chi ha scritto poche parole di circostanza: Qui c'è il sole, noi stiamo tutti bene tranne Romoletto che ha vomitato dopo avere mangiato le cozze. Baci e abbracci! Poi sono arrivate le mail e con esse lo spamming, che hanno coinciso con il crollo delle vocazioni, non solo religiose. Ma torniamo a Giona. Allo scoppio di una violenta tempesta confessa la sua negligenza ai compagni di viaggio, i quali lo gettano in mare per fare pace col Dio del risentimento; sotto testo: il tentativo di sfuggire a destini postali impegnativi produce effetti ancora più impegnativi. Intanto, bisogna trovare il modo di uscire dal ventre della balena in cui finisce... Pinocchio ha lo stesso problema con il pescecane, “l'Attila dei pesci e dei pescatori” aggiunge Collodi, dove incontra Geppetto che gli confida di essere stato mangiato due anni prima “come un tortellino di Bologna”. Ma non è la stessa condizione di essere ingoiati dalla risonanza magnetica, prigionieri del suo angusto budello? Alla luce di queste vecchie storie le mie tribolazioni sanitarie cominciano ad avere un senso, e forse anche una via d’uscita, sia pure di servizio; la porticina defilata che imbocca Truman al termine del Truman Show. Magari basterebbe farla finita con l'essere una marionetta nel teatrino dei social, oppure credere in un paese dei balocchi che non è mai esistito – Mangiafuoco mi ha graziato già una volta, ma ho dilapidato le sue cinque monete d’oro –, e andare una volta per tutte a Ninive dove inventarmi qualche cazzata da raccontare.
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