domenica 9 ottobre 2022

Scrittori e critica


Mi dicono che, di tanto in tanto, una scrittrice che chiameremo Carolina, fa il mio nome sui social con sprezzo e sarcasmo. Bene, ne ha tutto il diritto. Immagino lo faccia come conseguenza a un mio intervento di quasi due anni fa, in cui criticavo ciò che nel frattempo lei andava cianciando sui nuovi vaccini a mRNA messaggero, a suo dire espressione di una terapia genica pericolosissima.

Sulla questione non ho nulla da aggiungere: non conosco Carolina, non ho mai letto un suo romanzo e, in genere, prima di addormentarmi un tempo mi masturbavo e ora guardo le serie tivù. Leggo poco insomma, anche se qualcuno, di cui ho considerazione, mi ha detto che è brava. Quindi per me la questione è chiusa qui, senza rancore.

Si apre invece una riflessione più generale sul rapporto tra scrittori e critica; e quella che io facevo sui vaccini era appunto una critica al testo, non alla persona. Nella fattispecie, non penso che tutti gli scrittori assomiglino a Carolina – la mia affermazione non è beninteso un giudizio di valore – ma tutti gli scrittori producono parole pubbliche. Lo fanno, il più delle volte, sulla base di un pungolo che nasce dal pathos, non dal logos o dall’ethos.

Successivamente questa massa informe viene rielaborata e gestita, in un’operazione che mi ricorda le mucche quando, la sera, nel tiepido della stalla, richiamano dall’abomaso il bolo d’erba brucato durante il giorno: per rimasticarlo con più calma, assimilarlo nella seconda digestione.

Detto diversamente e un po’ brutalmente, il mio sospetto è che nella categoria degli scrittori sia presente una quantità di persone con un’istintualità leggermente superiore alla media, e una razionalità leggermente inferiore. In ciò sono pari forse solo agli attori, che Giorgio Strehler chiamava parco buoi.

Ecco, io penso che il parco buoi degli scrittori faccia benissimo a ruminare il proprio immaginario in disparte, a proteggerlo da interferenze predatorie, da cui anche i bovini sanno difendersi con calcioni ben assestati. Un immaginario tanto più vivo quanto ancora confuso, come si confonde, pazienza, non siamo a un congresso scientifico, una terapia genica con un vaccino a mRNA.

Ma un confronto pubblico tra tale disposizione concreta, materna, protesa al mondo per brucarne anche i minimi germogli che sfuggono ai più, e pensiero critico astratto non è di giovamento per nessuno.

Gli scrittori continuino a tracciare parole di latte e i critici a interpretarle. Meno interferenze personali ci sono tra parco buoi e pastori – la cui attitudine è parassitaria, le loro mammelle avvizzite – meglio è. Al massimo, quest'ultimi possono fare il formaggio, cagliando in forme robuste e saporite una materia estranea.

Quindi non riportatemi cosa va sparlando Carolina, nemmeno quando io ne rappresento l'oggetto. Ve lo chiedo per piacere. Le auguro ogni bene, immaginandola pascolare felice nel verde in cui fiammeggia il tarassaco, con cui allattare parole avide, parole intense. Accompagnate, di tanto in tanto, da colossali sciocchezze.

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