Mi dicono che, di tanto in tanto, una scrittrice che chiameremo Carolina, fa il mio nome sui social con sprezzo e sarcasmo. Bene, ne ha tutto il diritto. Immagino
lo faccia come conseguenza a un mio intervento di quasi due anni fa, in cui
criticavo ciò che nel frattempo lei andava cianciando sui nuovi vaccini a mRNA
messaggero, a suo dire espressione di una terapia genica pericolosissima.
Sulla questione non ho nulla da aggiungere: non conosco Carolina,
non ho mai letto un suo romanzo e, in genere, prima di addormentarmi un tempo
mi masturbavo e ora guardo le serie tivù. Leggo poco insomma, anche se
qualcuno, di cui ho considerazione, mi ha detto che è brava. Quindi per me la
questione è chiusa qui, senza rancore.
Si apre invece una riflessione più generale sul rapporto tra scrittori e
critica; e quella che io facevo sui vaccini era appunto una critica al testo,
non alla persona. Nella fattispecie, non penso che tutti gli scrittori
assomiglino a Carolina – la mia affermazione non è beninteso un giudizio di
valore – ma tutti gli scrittori producono parole pubbliche. Lo fanno, il più
delle volte, sulla base di un pungolo che nasce dal pathos, non dal logos o
dall’ethos.
Successivamente questa massa informe viene rielaborata e gestita, in
un’operazione che mi ricorda le mucche quando, la sera, nel
tiepido della stalla, richiamano dall’abomaso il bolo d’erba brucato durante il
giorno: per rimasticarlo con più calma, assimilarlo nella seconda digestione.
Detto diversamente e un po’ brutalmente, il mio sospetto è che nella
categoria degli scrittori sia presente una quantità di persone con
un’istintualità leggermente superiore alla media, e una razionalità leggermente
inferiore. In ciò sono pari forse solo agli attori, che Giorgio Strehler
chiamava parco buoi.
Ecco, io penso che il parco buoi degli scrittori faccia benissimo a
ruminare il proprio immaginario in disparte, a proteggerlo da interferenze
predatorie, da cui anche i bovini sanno difendersi con calcioni ben assestati.
Un immaginario tanto più vivo quanto ancora confuso, come si confonde,
pazienza, non siamo a un congresso scientifico, una terapia genica con un
vaccino a mRNA.
Ma un confronto pubblico tra tale disposizione concreta, materna, protesa
al mondo per brucarne anche i minimi germogli che sfuggono ai più, e pensiero
critico astratto non è di giovamento per nessuno.
Gli scrittori continuino a tracciare parole di latte e i critici a
interpretarle. Meno interferenze personali ci sono tra parco buoi e pastori –
la cui attitudine è parassitaria, le loro mammelle avvizzite – meglio è. Al
massimo, quest'ultimi possono fare il formaggio, cagliando in forme robuste e saporite una
materia estranea.
Quindi non riportatemi cosa va sparlando Carolina, nemmeno quando
io ne rappresento l'oggetto. Ve lo chiedo per piacere. Le auguro ogni bene,
immaginandola pascolare felice nel verde in cui fiammeggia il tarassaco, con
cui allattare parole avide, parole intense. Accompagnate, di tanto in tanto, da
colossali sciocchezze.
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