Un aneddoto, forse inventato, che per me è stato una profonda lezione di vita, oltre che di scrittura: contattare, ogni
volta che mi sporgo fuori da me, lo sguardo stupefatto di Marylin, per
pronunciare l'inaudito che ancora si nasconde dentro la primavera, o in autunni
infinitamente dichiarati e mai guardati sotto il velo di foglie esauste, estati con le ginocchia sbucciate e il colorante rosso dei ghiaccioli che cola piano sulla dita.
La parola giusta è accorgersi. Di qualcosa che forse già sapevo da sempre, ma non me ne ero mai accorto; o ancora più nel profondo è uno specchio: riflette ciò che sono in potenza, e solo così lo divento (diventa ciò che sei, come invitava a fare Nietzsche). E quel nuovo essere mi allarga, mi allaga.
Pazienza se suona un poco retorico a dirsi. Anche io, come Joyce Carol Oates che si è accorta del personaggio di Blonde, da cui ora è stato tratto un film controverso, ho una Marylin tutta mia. E cerco di averne cura, le rimbocco le coperte la sera. Per farla addormentare le sussurro il refrain di una canzone che non smette di risuonarmi in testa: "ovunque proteggi la grazia del mio cuore..."
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