Ieri ho scritto un post in cui difendevo Rula Jebreal, di cui avevo letto un tweet che parla di Giorgia Meloni. Il tweet era il seguente:
"La Meloni non è colpevole dei crimini commessi da suo padre, ma
spesso sfrutta i reati commessi da alcuni stranieri per criminalizzare tutti
gli immigrati, descrivendoli minaccia alla sicurezza. In una democrazia ci sono
responsabilità individuali, NON colpe/punizioni collettive".
Le parole trascritte mi appaiono un'impeccabile critica alla cultura della
nuova destra sovranista, che fa, è il caso di dirlo, di ogni erba un fascio. Ma
se ribaltiamo la prospettiva nel modo suggerito dalla Jebreal, quella disposizione
sommaria può rivolgersi contro a chi la esercita, secondo un altro celebre
proverbio per cui chi di spada ferisce di spada perisce.
Jebreal mostra così che la spada dei sovranisti è di plastica, e l'avere
avuto un padre che ha commesso gravi reati non rende, automaticamente e a
prescindere dai rapporti (Meloni non rivolge la parola al proprio padre da
molti anni), colpevole anche te. Come i crimini compiuti da uno o più
extracomunitari non sono trasferibili a tutti gli extracomunitari, le responsabilità
sono individuali, perfetto, ottimo paragone e ottimo ragionamento. Brava Rula!
Scopro però solamente ora che la stessa giornalista israelo-palestinese ha
scritto un altro tweet, non so se sia venuto prima o dopo. Trascrivo anche
questo:
"Durante la sua campagna elettorale la nuova premier italiana ha
diffuso un video di stupro insinuando che i richiedenti asilo siano criminali
che vogliono sostituire i cristiani bianchi. Ironicamente, il padre della
Meloni è un noto trafficante di droga/criminale condannato che ha scontato una
pena in un carcere spagnolo."
Parole che sembrano negare lo spirito delle precedenti. Se nelle prime lo
slittamento sulla base di qualche pretestuosa analogia – per affinità alla
linguistica l'ho chiamato metonimia – veniva destituito dalla colpa, qui sembra
essere ripristinato quel nesso mitologico. A ciò si aggiunga un'ignobile
pratica anch'essa derivata dalla retorica classica, in cui prende il nome di argomentum ad hominem: per contrastare
gli argomenti attacco la persona che li esprime, la sua famiglia, merda
ovunque.
Ma qual è allora la "vera"Jebreal: quella che finemente
decostruisce, con spirito illuminista, la sottocultura superstiziosa e
medievale della nuova destra (Dio, Patria e famiglia, ma è il Dio geloso
occhiuto che fa ricadere sui figli le colpe dei padri per quattro generazioni),
o quella che dello stesso pensiero si fa violenta espressione, rimarcando un
atteggiamento ideologico che già le abbiamo visto assumere in altre occasioni,
ideologico e permaloso? Colpo finale di teatro, infatti, Jebreal conclude che
chi la critica lo fa per via del colore della sua pelle.
Non so rispondere. Di più: non lo voglio sapere, non mi interessa, non
dovrebbe interessare nessuno. Prendiamo le parole buone che ci offre, quando arrivano
e senza chiederci da quale ispirata fonte – San Tommaso suggerisce l'esistenza
di un "intelletto potenziale", che talvolta si attiva anche negli
sciocchi –, e usiamole per pensare, per affinare la nostra idea di mondo. Ma
restituiamo quelle cattive al mittente: no, grazie, queste scemenze te le tieni
per te. Che il cielo è sempre più blu, e anche il mare, blu e tanto più
profondo di me, di te che stai leggendo e di Rula Jebreal. Come è profondo il
mare...
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