martedì 26 agosto 2025

L’ombra e i social

Sono una merda. Quanti hanno il coraggio di dirsi questa frase? Il più delle volte non è vero, non sei una merda, tranquillo, tranquilla, vai bene come sei. Ma almeno una componente omeopatica di merda è presente in ciascuno di noi, e di norma si preferisce guardala al modo della pagliuzza negli occhi dell’altro.

Come si sa la paglia è infatti una delle componenti del letame, da trasferire immediatamente a debita distanza dalle narici. Magari scaricandolo addosso al nostro vicino di casa, così impara a parcheggiare male l’auto e a tenere alto il volume della tivù, o all’extracomunitario dalla pelle scura e una lingua tutta consonanti, vai tu a sapere cosa dice. Un meccanismo psicologico per mantenere integra e profumata l’immagine che abbiamo di noi, a cui Jung ha dato il nome di ombra.

A me sembra che i social abbiano molto a che fare con l’ombra. Ogni volta che provo a scrivere della mia ombra – attenzione: non a fare ombra a qualcuno, a impallarlo – so già che quei testi avranno un gradimento contenuto sui social, anche quando non siano obiettivamente peggiori di altri con maggiore consenso.

Ai miei contatti, insomma, non solo non piace essere trattati male, ma anche essere in relazione con qualcuno che si tratta male da solo, un social masochista che ci rivela lati oscuri di sé. Accadeva qualcosa di simile in banca, quando ai dipendenti allo sportello veniva richiesta giacca e cravatta; ma vedo che ora non è più così, e ne ricavo che i social siano diventati più bigotti di una banca.

In ciò non c’entra nulla il nefasto fenomeno degli hater, stiamo parlando di fenomeni profondamente diversi. Per capirci: se un hater ti attacca, cosa fai? Naturalmente gli rispondi a tono, quel bastardo, come si permette! Finché litigate, vi insultate, uno dei due banna l’altro per primo, e chi si è visto si è visto. La bolla social torna a essere integra e virtuosa. Mentre se ammetti di avere rubato tu la marmellata, che succede?

Non viene naturale contraddire chi espone i propri non-gioielli, come il non-compleanno in Alice nel paese delle meraviglie, non gli si sussurra parole di consolazione: Ma no cucciolo mio, sei una persona tanto carina e per bene, perché dici cosi? E però nemmeno si riesce a premiarne la sincerità nell'esporsi, la verità diviene interessante solo quando: a) c'è un cattivo, ma il cattivo non ha nessuna relazione con me; 2) c'è un buono, ed è mio amico; 3) c'è un coglione innocuo, e si sa che i coglioni fanno tanto ridere.

Eppure in letteratura si offrono molti esempi di personaggi ripugnanti. In alcuni casi la focalizzazione avviene proprio sul personaggio ripugnante, per così dire si auto-scredita, e ciò non infastidisce il lettore, almeno quando sia sostenuto da un impianto narrativo efficace. Lo stesso nel cinema, pensiamo ad Hannibal Lecter nel Silenzio degli innocenti, o ad Al Pacino nei panni di Tony Montana in Scarface. Alzi la mano chi non ha provato una fitta al cuore quando muore crivellato di colpi, per poi precipitare da una balconata... Come mai questa differenza con i social?

Io credo che il cinema e la letteratura siano un modo per contattare l'ombra per interposta persona, ci aiutano a comprenderne i meccanismi senza venirne inghiottiti. Sui social invece il negativo viene respinto, forse perché si assume che ciò che ci ha fatto palpitare per i cattivi era, in fondo, solamente finzione: io mica sono così, i miei amici non sono così.

E dunque solo quando, chi si oscura, tornerà a offrire un’immagine luminosa o quantomeno aurorale di sé, potrà essere reintegrato nel gruppo. Nel frattempo si proietta l’ombra su un comune nemico – in questo momento gli israeliani sono dei nemici perfetti, anche perché ci stanno mettendo del loro… – per poi unirsi nella fulgida schiera dei giusti. Un dispositivo che io trovo pericolosissimo, già che è alla base della struttura antropologica di ogni setta.

Ci siamo mai chiesti se venire su Facebook a cazzeggiare non sia solo un innocuo passatempo senile, ma sintomo latente di pensiero settario? Io me lo domando spesso, sapendo che la risposta sta dentro la mia ombra. E perciò è una risposta sbagliata.

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