Mi ricordo del primo libro che acquistai, l’aggettivo primo era presente già a partire dal titolo, La prima fetta di torta, a scriverlo era stato Sandro Mazzola e parlava della sua vita. Recitava il sottotitolo: i problemi, le speranze, le delusioni di un ragazzo con voglia di pallone. Fino a quel momento avevo letto solamente libri che mi passavano i genitori; di solito si trattava dei romanzi western di Mino Milani, i miei gusti erano intuibili dai film che guardavo in tivù. Ma avevo anche già letto Il vecchio e il mare, lo terminai in una sola giornata in cui non ero andato a scuola per via di un raffreddore parzialmente simulato; la scelta fu dettata dal fatto che era il libro con meno pagine, almeno tra quelli presenti nella libreria di papà. Poi mi venne questa fissa che dovevo andare in libreria a prendermi un libro, e dal momento che Mazzola era il mio calciatore preferito (quando ero più piccolo mi era stata regalata una bambola che ne riproduceva le fattezze, ora la si trova su eBay a prezzi stratosferici) la sua biografia mi sembrò la scelta naturale. Era un uomo affabile, di solito le persone affabili sono un po' rotondette, mentre lui era secco secco ma dalle gambe lunghe e potenti, con cui riusciva a liberarsi dalle marcature a uomo dell'epoca, terzini alla Burgnich che ti seguono perfino negli spogliatoi. Inoltre era molto bella anche la copertina, raffigurava un prato verde con alle spalle una porta da calcio, al suo interno undici uomini pronti per iniziare la partita; ciascuno indossava la blusa di un diverso club, ma erano accomunati dallo sfoggiare i baffetti di Sandro Mazzola. In primo piano, sempre dipinto, non si trattava di una fotografia, un vecchio pallone da calcio in pelle brunita. Da parte tenevo un po’ di soldi, erano il frutto delle mancette di Natale e compleanno, e così mi avviai verso la libreria Alessi, chiesi del libro. Sì, certo, è edito da Rizzoli: vuole la confezione regalo? No grazie, è per me. Tornai a casa e cominciai a leggere sul divano di tessuto grigio in soggiorno. Temo di avere scordato il contenuto, ho solo qualche flash, ad esempio il dolore provato da Mazzola alla morte del padre nell’incidente aereo di Superga, o il rapporto con il più giovane fratello Ferruccio, che non riuscì mai a imporsi come giocatore. Potrei aggiungere che da quel giorno divenni un lettore accanito, ma non sarebbe vero: continuavo a preferire le biciclette da cross, i fucili a elastico, i cani da pastore e le ragazze quasi nude sul Postal Market della nonna. Anche la letteratura è una grande torta, ma a differenza di Borges penso che troppi dolci facciano venire il diabete. E poi non è vero che la letteratura rappresenti un doppio della vita, è solo una sua regione un po’ discosta. Ha il vantaggio, non trascurabile, che ci si entra uno alla volta, e mentre stai tra le pagine di un libro è davvero come stare su una spiaggia deserta, animata di volta in volta dai personaggi della narrazione. Per un po’ è stato bello stare sulla spiaggia in compagnia di Sandro Mazzola, ma tutto mi fa credere che, dopo un centinaio di pagine o giù di lì, mi immersi nuovamente nelle acque la cui risacca lambiva il mio condominio, il cortile un golfo da navigare in compagnia di altri piccoli marinai. Allora le pensavamo ancora acque limpide, se non altro non vedevamo le immagini dei cormorani imbrattati di petrolio.
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