sabato 19 ottobre 2024

Mi ricordo 14

Mi ricordo che al termine della messa la nonna mi acquistava Il Giornalino, si chiamava proprio così, con l’articolo determinativo: un foglio a fumetti nel quale erano comprese le strisce di Lucky Luke, un cowboy gavello con un cappellaccio bianco, la sigaretta perennemente in bocca di sguincio, talvolta sostituita da un filo d'erba. Il Giornalino veniva venduto all’interno della chiesa confidando nell’onestà dei parrocchiani, potevano prenderlo autonomamente da una bacheca sistemata in prossimità dell'ingresso (nel mio caso dell'uscita) dove era disposto accanto a Famiglia Cristiana e alla biografia di san Rocco, bastava infilare l'importo indicato nella fessura delle offerte. La messa la trovavo naturalmente noiosissima, ma il piacere della lettura di Lucky Luke compensava ampiamente i tre quarti d’ora della sua durata, la benedizione di don Saverio era il campanello che mi ridestava dal torpore, anticipandone la fine. Da allora trovo la parola benedizione bellissima. Non la benedizione dei soldati prima di andare in guerra, quella non è una benedizione ma una maledizione, e cioè un dire male la lingua del sacro, ma la benedizione verso ogni cosa che si conclude: un amore, un fallimento in qualsiasi campo, pazienza, è andata come è andata, ma se lo benedico può aprirsi una pagina nuova, su cui è impresso il corpo dinoccolato di Lucky Luke. Diversamente – ma questo l’ho imparato molti anni dopo, all’università – divento preda di ciò che Nietzsche chiamava malattia delle catene, dove il rimpianto o, peggio, il rancore vanno a costituire il più tenace dei lucchetti, fino ad arrivare all’odio che è una forma di legame tanto più forte dell’amore. Io mi figuro l'odio come una messa infinta, incubo di ogni bambino degno di questo nome. Mentre la benedizione è la festa del chi si è visto si visto, andiamo oltre, andiamo in pace. La messa è finita.

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