domenica 29 settembre 2024

Mi ricordo 3

Mi ricordo il cemento dolcemente ricurvo interrotto dalla schiera di finestre a ferro di cavallo della colonia Fara. Alle sue spalle, come in una cartolina illustrata, il sole si abbassava a lambire il mare di ponente, verso il Golfo del Tigullio. Banchi di nuvole scure si insinuavano a guastare la fotografia, lasciando prefigurare un temporale; cosa non infrequente per la stagione, pochi giorni ancora e sarebbe iniziata la scuola. Inaugurata il 28 giugno del 1938, aria iodata per sanare i polmoni dei giovani Balilla, esercizi ginnici al mattino direttamente sulla spiaggia sassosa di Chiavari, gli undici piani della colonia Fara furono convertiti in albergo negli anni Sessanta, dove di tanto in tanto alloggiavo con i miei genitori quando andavamo a trovare i parenti più ricchi, che possedevano un appartamento a Rapallo. All'estremità di un lungomare anonimo, era divertente, nel raggiungere la colonia, ascoltare il mugugnare ligure dei pescatori, sempre insoddisfatti del magro bottino. La Ford Escort che il nonno aveva prestato a papà veniva lasciata in un ampio parcheggio poco distante, al suo interno era stata ritagliata una porzione – le misure erano quelle di un campo da basket, delimitato da birilli di plastica a bande bianche e rosse – adibita ad autodromo; una specie di autoscontro ma senza scontri: si inseriva il gettone e le riproduzioni miniaturizzate di celebri modelli di autovetture si mettevano in movimento, sospinte da un motore elettrico a batteria. Io avevo scelto un Maggiolone color oro metallizzato, mio cugino Paolo un'Alfa Romeo Giulietta con la scritta Polizia, altri bambini non ce n'erano, la pista d’asfalto tutta per noi. Anche i genitori e gli zii si erano momentaneamente allontanati di qualche decina di metri, erano andati a prendere un Mottarello in un chiosco con il tettuccio impagliato, ed era rimasta solo mia cugina Alessandra a bordo pista, forse ritenendo quel gioco un po' troppo maschile. Indossava dei sandali blu, una gonna al ginocchio dello stesso colore, sulla t-shirt gialla il muso nero della tigre del formaggino Tigre. Era tutto così assurdamente perfetto. Anche il modo imbronciato in cui osservava la nostra felicità, con un taglio a caschetto come Anna Karina in Vivre sa vie. Intanto, quel che restava del sole dietro la colonia Fara era definitivamente dileguato, e si cominciavano a sentire le prime gocce sulle mani che impugnavano il volante.

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